Stipendi parlamentari, Zingaretti smentisce Zanda

La prima grana di Nicola Zingaretti è, naturalmente, interna. Il neo tesoriere del Pd Luigi Zanda ha detto che è opportuno aumentare gli stipendi dei parlamentari. Ai grillini in fase calante non è parso vero di sentire un’affermazione quanto meno impopolare. Infatti, hanno attaccato i democratici a testa bassa. Così il segretario del partito è stato costretto a smentire subito uno dei componenti più importanti della sua segreteria. “Sua idea, non del Pd”, si è smarcato il governatore del Lazio. In realtà, la proposta di Zanda è doppia: oltre all’aumento degli stipendi dei parlamentari italiani ed europei prevede la reintroduzione del finanziamento ai partiti. Un vero e proprio “assist” per i grillini in vista delle Europee e delle Amministrative.

Ma Zanda non demorde. “Occorre – sostiene – affrontare la questione del trattamento economico dei parlamentari secondo un approccio nuovo, che vincoli tutte le componenti del trattamento a un parametro obiettivo, sottraendolo alle pulsioni politiche e alle strumentalizzazioni di parte. Il migliore ancoraggio è quindi quello al trattamento dei membri del Parlamento europeo”. Anche se l’indennità sarebbe lievemente inferiore, la somma delle altre voci, rimborsi spese e di viaggio, farebbe lievitare lo stipendio mensile dai 13-14 mila euro attuali a 19 mila euro.

Zanda si difende sulle pagine di Repubblica. In una lunga intervista dal titolo: “Finanziare i partiti? Lo dice la Costituzione, non cedo all’antipolitica”. Dove spiega che “per me la battaglia a favore del Parlamento non sarà mai un autogol. Amo le sue prerogative, il suo prestigio e finché sto qua lo difenderò sempre. È un disegno di legge presentato molto prima di accettare l’incarico nel nuovo Pd. E sono colpito dai giudizi di chi non ha letto non dico il testo ma nemmeno la copertina”.

Secondo Zanda, “la proposta è per l’attuazione dell’articolo 49 della Costituzione attesa da settant’anni e che non si riesce ad attuare. Non ci si riesce perché chiede che i partiti vengano organizzati con metodo democratico ed è il vero punto debole dei 5 stelle che dall’orecchio della democrazia non ci sentono. Allora attaccano il finanziamento, un rimborso spese di 18 milioni l’anno per le necessità non della politica ma della democrazia, che sarebbe il vero tema, perché la lotta è tra chi vuole il Parlamento e chi lo vuole abbattere”.

Aggiornato il 29 marzo 2019 alle ore 12:59