Primarie Pd, confronto a distanza dei tre candidati

Le primarie Pd entrano nel vivo. I candidati che hanno superato la fase legata al voto degli iscritti al partito sono, com’è noto, Nicola Zingaretti, Maurizio Martina e Roberto Giachetti. Il governatore del Lazio appare, comunque, il favorito. Tant’è vero che punta a superare il 50 per cento più uno ai gazebo. Domenica 3 marzo, tra meno di due settimane, il popolo dem si esprimerà. I tre competitor si sono sfidati ieri, a distanza”, davanti alle telecamere di “Mezz’ora in più”, il programma di Rai Tre, condotto dalla giornalista Lucia Annunziata. Sono stati ospiti in studio, uno dopo l’altro.

Nessuno ha voluto apparire aspro nei confronti degli altri. Gli unici polemici distinguo si sono registrati, naturalmente, sul conto dell’ex segretario, il “divisivo” Matteo Renzi. L’ex premier, ignaro del galateo politico-istituzionale ha presenziato, qualche ora dopo su Rai Uno, ospite di Fabio Fazio a “Che tempo che fa”. Il tentativo è evidente: oscurare, con la sua presenza, il confronto democratico interno al suo (ex?) partito. Già. Non a caso, Renzi ha negato di avere intenzione di fondare un nuovo movimento. Eppure, questa idea gli era balenata già due volte: quando fu sconfitto da Pier Luigi Bersani alle primarie per la premiership del 2012 e quando ottenne quasi il 41 per cento alle Europee del 2014.

Nel frattempo, si registrano le fibrillazioni all’interno del governo gialloverde. Ma Zingaretti non ha mostrato dubbi: “Se dovessi diventare segretario, in caso di crisi di governo, chiederei il voto anticipato”. Giachetti ha dato sfogo alle proprie lamentazioni, sostenendo la necessità di un confronto diretto, che, purtroppo, è mancato. Di più. Giachetti, renziano di ferro, ha polemizzato dicendo di essere stato oscurato dai media: “Nell’ultimo mese e mezzo io sono stato cancellato da tutte le tivù e le rubriche”.

Ma sulla sconfitta del 4 marzo scorso, Giachetti ha solo chiamato in causa un vago “contesto internazionale” sfavorevole. Secondo Maurizio Martina, l’altro sodale renziano, vicesegretario del Pd, nell’ultima fase in cui il partito è stato guidato dall’ex premier, è convinto che le ragioni della sconfitta del 2018 siano da ricercare nelle troppe divisioni interne. “Se verrò eletto il 3 di marzo – ha detto Martina – il 4 convocherò una segreteria unitaria e chiederò a Giachetti e Zingaretti di esserne parte. Quello che abbiamo fatto al governo è stato importante ma non sufficiente. Sono il primo ad essere inquieto per quello che non abbiamo fatto”.

Nicola Zingaretti si potuto concedere una certa durezza rispetto al retaggio renziano. “Non abbiamo capito – ha detto – il dramma sociale dei ceti colpiti dalla crisi. C’è stata poi una sottovalutazione enorme dei tagli agli enti locali, soprattutto nelle aree interne, nei piccoli comuni”. Dopodiché, il governatore ha lanciato una stoccata ai grillini. “Si è ormai capito – ha detto – che l’alternativa a Salvini non sono i cinque stelle. La storia sta ridando ai democratici una nuova chance. Si è riaperta la partita. E i 5 Stelle? Non è il mio obiettivo politico. Siamo alternativi. C’è una rottura tra l’elettorato M5s e la sua leadership”. In caso di vittoria, Zingaretti ha già in mente il presidente del Pd: l’ex premier Paolo Gentiloni.

Aggiornato il 18 febbraio 2019 alle ore 13:39