La Toscana non più rossa

Dal 4 marzo vado guardando, dapprima con divertito sussiego, poi con sempre crescente fastidio, chi analizza i dati elettorali sempre e solo dividendo la società italiana in democratici civili contro gretti egoisti razzisti.  
Anche oggi, di fronte ad un voto oggettivamente dirompente, specie nella mia Toscana che è stata quasi organico proscenio della stagione renziana, leggo analisi del risultato elettorale di sconcertante superficialità. 
Se oggi il voto con la "c" aspirata ci dice che la sinistra è ormai trincerata in una ridotta quasi solo fiorentina ciò non accade perché gli italiani si sono una mattina trasformati in popolo razzista e fascista. Avviene perché il limite delle banalità, della superficialità e del vuoto di politica aveva passato il segno.

Uscite per strada, parlate con chi produce reddito (tutti, l'operaio e l'imprenditore, che qui ancora sento cianciare di "padroni"), e vi accorgerete che un sistema mediatico sempre più incapace di leggere la società italiana, vi ha raccontato una Italia che, semplicemente, non esiste. Ma davvero credete che la risposta possa stare nel marginalizzare, magari ridicolizzandolo, chi va dicendo che il re è, inesorabilmente, nudo?
Pensate davvero − scelgo un tema a caso  che si possa rispondere alla disoccupazione giovanile di massa che conduce all'emigrazione di giovani e non giovani italiani con l'invito a mangiare popcorn mentre ci si gode lo spettacolo dei parvenus al governo?

Il tappo è saltato, ed è saltato in modo così sfacciato, plateale che niente potrà essere più com'era prima. È una partita nuova amici miei. E chi non è pronto a misurarsi con la realtà, immergendosi in un bagno d'umiltà, può starsene a casa: non mancherà a nessuno.

Aggiornato il 27 giugno 2018 alle ore 17:15