Nel discorso pronunciato l’11 dicembre del 1974 per il conferimento del Nobel in economia, Friedrich A. von Hayek disse tra l’altro: “Se, nello sforzo di migliorare l’ordine sociale, l’essere umano non vuole fare più male che bene, deve imparare che in questo campo, come in tutti gli altri dove prevale una complessità essenziale di genere organizzato, non può acquisire quella piena conoscenza che rende possibile la padronanza degli eventi. Egli deve quindi usare la conoscenza che sarà in grado di acquisire non per piegare a un proprio disegno i risultati, come fa l’artigiano con il proprio lavoro, ma piuttosto per seguire lo sviluppo degli eventi, preoccupandosi di fornire l’ambiente appropriato, come fa il giardiniere con le piante. Il pericolo si trova nell’esuberante sentimento di crescente potere generato dal progresso delle scienze fisiche che spinge l’uomo a tentare, ‘ebbro di successo’, tanto per usare una frase tipica del primo comunismo, di assoggettare al controllo del suo volere non solo il nostro ambiente naturale, ma anche quello umano. Riconoscere che i limiti della propria conoscenza sono insuperabili dovrebbe pertanto impartire a chi studia i fenomeni sociali una lezione di umiltà capace di impedirci di diventare complici nella lotta funesta dell’uomo per il controllo della società: lotta che non solo ci rende tiranni dei nostri simili, ma ci può spingere anche a distruggere una civiltà che nessuna mente ha progettato e che è cresciuta grazie agli sforzi liberi di milioni di individui”.

Tanto queste solenni ed eloquenti parole, quanto il loro formidabile significato filosofico e politico, vengono adesso riproposti all’attenzione nazionale per merito di Lorenzo Infantino, che ha curato la pubblicazione dei più importanti saggi che quel Grande ha dedicato al rapporto tra la competizione e la conoscenza. Il libro (F.A. von Hayek, , prefazione di Lorenzo Infantino, Rubbettino Editore, 2017, pag. 151) contiene a riguardo alcuni capisaldi del pensiero hayekiano: Economia e conoscenza, L’uso della conoscenza nella società, Il significato della conoscenza, La concorrenza come procedimento di scoperta, Gli errori del costruttivismo, La presunzione di conoscere, che Lorenzo Infantino illustra con un vero e proprio saggio introduttivo. Hayek non solo ha offerto un contributo decisivo a smontare la presunzione del politico, cioè dell’ignorante che presume di esser diventato onnisciente per effetto di un’elezione, ma anche la simmetrica leggenda di un’eguale conoscenza generalizzata nel popolo.

Questa presunzione e questa leggenda sono due esiziali pericoli immanenti nella società. Scrive Lorenzo Infantino: “Avendo fatto dell’ignoranza e della fallibilità i tratti antropologici dell’attore, Hayek ha dovuto respingere non solo il mito del legislatore o pianificatore onnisciente. Ha dovuto anche rifiutare l’ipotesi che estende l’onniscienza, o perlomeno la conoscenza dei ‘dati rilevanti’, a tutti i membri della società. La cooperazione sociale è così divenuta un permanente processo di apprendimento... il processo di esplorazione dell’ignoto e di correzione degli errori rimane sempre aperto”.

Immergersi nel mare delle opere di Hayek è davvero un dolce naufragare, ed anche un antidoto contro le goffe ciarle di sproloquianti politici di basso ed alto rango, ma soprattutto una consolante dottrina della libertà dei liberali. Troppe cose vanno male nella politica e nella società perché vi predominano gli “artigiani” anziché i “giardinieri” di Hayek.

Aggiornato il 24 ottobre 2017 alle ore 11:00