Stragi: 25 anni dopo

Falcone-Borsellino 25 anni dopo. Solo una partita Italia-Sicilia o c’entra anche il resto del mondo? Per il ragionamento che segue, date ed eventi prodromici sono di importanza fondamentale. Iniziamo con la crisi di Sigonella dell’ottobre 1985, che vide Craxi opporsi con la forza a Reagan, nella vicenda degli ostaggi dell’Achille Lauro. Storia quest’ultima che s’intreccia alla precedente scoperta delle liste P2 all’inizio degli anni Ottanta, e all’infiltrazione dei vertici degli apparati militari e di sicurezza dello Stato da parte degli iscritti alla loggia gelliana, controllata indirettamente dalla Cia che, con ogni probabilità, si sarebbe incaricata di vendicare a posteriori l’affronto di Sigonella. Si trattava soltanto di stabilire “quando”. L’evento scatenante, sarà il crollo dell’Urss avvenuto nel 26 dicembre 1991, che fece venir meno la ragione stessa della protezione garantita da Oltre Atlantico per sostenere economicamente un alleato fondamentale ma esoso come l’Italia, afflitta per di più al suo interno da un rilevante potere criminale e da una corruzione dilagante, presidiata da un sistema dei partiti che agiva ormai esclusivamente su base clientelare, competendo industrialmente con il resto del mondo grazie alle svalutazioni competitive.

In primo luogo, il nostro maggiore alleato trovò utile ai suoi fini sbarazzarsi del costoso e, per certi versi, abbastanza inaffidabile apparato di “Stay Behind” posto sotto la tutela Nato, e la cui ombra lunga ha trovato un’inquietante e persistente collocazione nelle carte dei tribunali italiani, chiamati a giudicare le così dette “Stragi di Stato” da Piazza Fontana in poi. L’organismo assunse in Italia la denominazione di “Gladio”, coordinata dalla Cia e affidata, per la gestione locale, ai Servizi segreti italiani. La fine della Gladio fu decretata con la rivelazione pubblica della sua esistenza, contenuta nel memoriale Andreotti, all’epoca Presidente del Consiglio, inviata il 17 ottobre del 1990 alla Commissione parlamentare di inchiesta sul terrorismo e sulle stragi dell’epoca. L’anno fatidico, per capire dove e come collocare la radice dell’albero della mafia stragista, è il 1992, nodo di confluenza di eventi epocali esterni e interni alla politica e alla società italiane. Vediamole in serie ravvicinata.

Il 7 febbraio 1992 viene firmato il Trattato di Maastricht che mette fine alla libertà di movimento monetaria e alle disinvolte politiche di bilancio dell’Italia, dopo la rinuncia dei Paesi aderenti al Sistema monetario europeo (Sme) a mantenere in vita la flessibilità dei cambi, contenuta entro fasce di oscillazione prefissate. Maastricht, in particolare, decreterà per sempre la fine del “deficit spending” e degli interventi a pioggia al Sud, per il tramite della Cassa del Mezzogiorno, costati molte centinaia di miliardi di euro a fondo perduto. Dal punto di vista dell’economia mafiosa, basata proprio sull’intercettazione massiva di quei flussi finanziari, l’avvento del rigore europeo (che si concretizzerà dieci anni più tardi con l’entrata in vigore dell’Euro) rappresentò un’autentica calamità. Anche perché da allora l’Italia avrebbe dovuto aprire le porte, in base ai principi fondamentali dei Trattati sottoscritti, alla concorrenza delle imprese europee in materia di appalti pubblici, fatto quest’ultimo destinato a creare gravissimi problemi alle organizzazioni criminali a causa dell’introduzione di maggiori controlli e trasparenza nei procedimenti stessi di gara.

Tanto più che, contemporaneamente, stavano avvenendo “al Nord Italia” (e questa è una sottolineatura della massima importanza) ben due fenomeni sconvolgenti. Il primo, più propriamente politico, fa riferimento al sorprendente successo della Lega Nord secessionista e antisudista, che diviene il quarto partito nazionale nelle elezioni del 5 aprile 1992, creando così un serio allarme per l’Antistato di Riina. Il secondo, prese avvio il 17 febbraio 1992 con il ciclone di “Mani Pulite” che condusse rapidamente alla demolizione del sistema dei partiti, in primo luogo Dc e Psi, detentori in Sicilia del monopolio dei consensi elettorali. A questo punto, i corleonesi, aspirando a vendicarsi delle condanne loro comminate al maxiprocesso e a mettere fine al regime duro carcerario del 41-bis, elaborarono una strategia di attacco che, da un lato, avrebbe dovuto garantire loro maggiore autonomia di movimento nel riciclaggio di immensi capitali illeciti, mentre dall’altro mirava a colpire con la massima forza e potenza mediatica l’apparato di contrasto giudiziario allo strapotere mafioso sull’Isola.

La prima testa illustre a cadere fu quella dell’eurodeputato (anche qui, “euro” ha un significato che va molto oltre le parole) Salvo Lima, plenipotenziario in Sicilia dell’andreottismo. A seguire, con una cadenza diabolica, furono le stragi di Falcone e Borsellino avvenute rispettivamente il 23 maggio e il 19 luglio del 1992, che hanno avuto una drammatica estensione con atti di vero e proprio terrorismo, posti in essere dai corleonesi di Riina nel periodo che va dal maggio al luglio 1993. Allora, detto tutto ciò, ci fu o no questa benedetta “Trattativa Stato-Mafia”? Vallo a sapere con certezza. Ci sono molti pentiti di mafia ma nessun “pentito di Stato”! Due cose, però, mi sentirei di dire. Sospetto l’esistenza di una “Manona” che abbia avuto tutto l’interesse geostrategico nel post Guerra fredda a creare una profonda spaccatura Nord-Sud all’interno del nostro Paese. Il secondo aspetto, invece, riguarda l’intelligence. Bisognava a ogni costo far fallire il disegno eversivo dei corleonesi, eliminandone il capo supremo. E questo lo si poteva fare soltanto riuscendo a capire dal loro interno chi avrebbe potuto incaricarsi del ruolo di Bruto, non condividendo i fini e i metodi del Cesare di Cosa Nostra. Lascio il resto all’intuizione e al buon senso del lettore.

Aggiornato il 21 luglio 2017 alle ore 14:47