
Il reato di concorso esterno in associazione mafiosa non esiste, non è scritto dalla legge nei nostri codici. La Corte europea ha chiaramente sentenziato che, ai tempi della condanna inflitta a Marcello Dell'Utri, l'invenzione del mancato reato del concorso esterno non era nemmeno in uso, perché di consuetudine e uso si tratta, non di legge. Dunque, perché Dell'Utri si trova in galera?
Non solo lo Stato italiano è stato condannato a risarcire i danni morali e materiali al servitore dello Stato Bruno Contrada per un caso analogo di applicazione del reato inesistente, ma anche Dell'Utri dovrà essere risarcito allo stesso modo. La domanda a questo punto è ovvia: cosa si deve risarcire si è rovinata la vita di un uomo, in maniera irreparabilmente?
Il problema è della “giustizia” da una parte e, dell’inesistente responsabilità dei giudici, dall'altra.
- Non si possono inventare né creare i reati. Le figure delittuose sono quelle individuate nei codici dopo l’approvazione del Parlamento. Non sono ammesse le "invenzioni" e le creazioni della giurisprudenza, tanto care alle nostre super stipendiate Corti: sia quella di Cassazione sia quella costituzionale. Il giudice non “fa la legge”. Per “farla” è necessario il varo del potere legislativo, che nasce in capo ai nostri rappresentanti democraticamente eletti. In questo caso, illegittimi perché mai eletti.
- Il giudice deve rispondere di ciò che fa. Non sta né in cielo né in terra che, a differenza di ogni altro professionista italiano chiamato a rispondere del proprio operato, il giudice italiano non risponda di alcuna responsabilità. Vedere oggi Dell'Utri in carcere, morire "colpevole" di un reato che non esiste, è il sovvertimento della realtà e dello stesso concetto di giustizia. Ma il problema, se possibile, è ancora più ampio. I giudici non sono responsabili di alcunché. Il Consiglio superiore della magistratura, cioè l'organo pubblico (sempre pagato da noi tutti esosamente) di controllo, non funziona. Per lo più si autoassolve. Sempre. Mentre è proprio uno di loro, Pier Camillo Davigo, a denunciare lo scandalo di cui è protagonista il Csm.
La giustizia in Italia non funziona perché i giudici non devono rispondere per legge di quello che fanno. E perché, non rispondendo, condannano pure in base a reati mai scritti ed inventati di sana pianta. Gli italiani che lavorano responsabilmente fuggono dal Paese, non solo perché da noi non c'è lavoro ma anche perché, vige la giustizia-non-giustizia. Una lotteria diabolica affidata, non tanto al caso, quanto al volere perfido di chi, settario e squilibrato, pretende di applicare leggi inesistenti che danno la morte in prigione alle persone per bene. Occorre una legge rigorosa che sancisca, una volta per tutte, la responsabilità dei giudici. Bisogna fare presto perché la misura è colma.
Aggiornato il 11 luglio 2017 alle ore 15:56