Il gatto Renzi e il topo europeo

Nel corso di “Porta a Porta”, incalzato dalle stringenti domande dei giornalisti sulla questione nodale dei conti pubblici, Matteo Renzi ha nuovamente imboccato la strada scivolosa dell’antieuropeismo a mezzo servizio.

In particolare, in merito alla patata bollente della prossima legge di stabilità, la quale presenta una colossale spada di Damocle sotto forma di clausole di salvaguardia, il segretario del Partito Democratico ha rispolverato una famosa frase di Confucio, a sua volta utilizzata da Mao Tse-tung: “Non importa di che colore sia il gatto, l’importante è che prenda il topo”. E il topo per Renzi continua a essere la presunta austerità imposta dall’Europa. Dunque al netto di un inevitabile alto tasso di propaganda, visto che sembrano approssimarsi a grandi passi le elezioni politiche, l’ex premier si ostina a mantenere una linea comunicativa a metà strada tra il sovranismo avventuristico di Lega e Movimento 5 Stelle e una proposta responsabilmente alternativa agli irrealizzabili miracoli promessi da queste ultime forze politiche. Esattamente ciò che ha evitato di fare l’attuale presidente francese Emmanuel Macron il quale, proprio sui temi comunitari, si è presentato di fronte all’elettorato transalpino su una posizione sostanzialmente antitetica a quella sostenuta da Marine Le Pen.

Ora, su questo piano personalmente ritengo che sia profondamente errato rincorrere il dilagante populismo sovranista italiano, che come tante altre cose ci rende sempre molto anomali, utilizzando il capro espiatorio della cattiva Europa rea, secondo i ragionamenti esposti in tivù da Renzi, di non farci crescere a sufficienza per via dei suoi ottusi parametri. Chiunque abbia un minimo di sale in zucca dovrebbe da tempo aver compreso che i problemi sistemici italiani sono tutti endogeni ad una democrazia in stato comatoso che inclina sempre più verso la bancarotta. Bancarotta che proprio la nostra permanenza nella zona Euro è stata finora scongiurata. In particolare ciò ha impedito, anche grazie all’attuale indirizzo della Bce di Mario Draghi, che si realizzasse il cosiddetto effetto snowball ai danni dell’enorme debito pubblico italiano, trasformando una inesorabile tendenza all’aumento dei tassi in una valanga in grado di sommergere l’intero Paese.

Ed è per questo, caro Renzi, che il coccio rotto di una molto precaria condizione economica-finanziaria non si riattacca rincorrendo grillini e leghisti sulla strada delle scorciatoie targate deficit-spending. Alla linea dei miracoli e dei debiti a buon mercato non si risponde promettendo di strappare altra flessibilità all’Europa. Andava da tempo utilizzato il linguaggio della ragionevolezza e della realtà nei confronti di un popolo sempre più confuso e frastornato da anni di illusioni. A questo punto potrebbe essere troppo tardi.

Aggiornato il 01 giugno 2017 alle ore 22:13