Scoppia un nuovo “caso Boschi”

C’è un caso “Boschi” pronto a scoppiare. Riguarda i rapporti tra Banca Etruria e la ex ministra del Governo Renzi, oggi sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio, Maria Elena Boschi. A innescare la miccia è un insolito artificiere: Ferruccio de Bortoli. Nel libro di memorie, presto in libreria, “Poteri forti (o quasi)”, l’ex direttore del “Corsera” svela un inedito retroscena del “Caso Etruria”. A proposito della giovane politica di Montevarchi scrive: “L’allora ministra delle Riforme, nel 2015, non ebbe problemi a rivolgersi direttamente all’amministratore delegato di Unicredit. Maria Elena Boschi chiese quindi a Federico Ghizzoni di valutare una possibile acquisizione di Banca Etruria. La domanda era inusuale da parte di un membro del Governo all’amministratore delegato di una banca quotata. Ghizzoni, comunque, incaricò un suo collaboratore di fare le opportune valutazioni patrimoniali, poi decise di lasciar perdere”.

De Bertoli è persona specchiata e navigato conoscitore delle cose italiane. Se la racconta così vuol dire che ha le prove certe dei fatti come si sono svolti. Non è tipo da “bufale” o, come si dice oggi, da “fake news”. Se dice la verità, per la rampante renziana si mette male. La signorina Boschi avrebbe consapevolmente mentito al Parlamento e al Paese dichiarandosi totalmente estranea all’“affaire Etruria”. Ora, se c’è un errore che un politico non dovrebbe mai commettere è di mentire alla nazione. Ma, stando a quanto afferma de Bortoli, è proprio ciò che la ex ministra delle Riforme avrebbe fatto. Lei, per canto suo, si difende attaccando. Fa sapere che si tratta del solito fango e promette battaglia in sede legale contro chiunque osi dare credito alla ricostruzione consegnata alle stampe dal giornalista. Chi dice la verità?

In ossequio al principio garantista, che vale sempre e non secondo convenienza, bisogna darle credito quando giura che è tutto falso e sostiene che lei ai vertici di Unicredit non ha mai chiesto niente e men che meno d’intervenire per salvare la banca nella quale operava in posizione apicale suo padre. L’unico in grado di smentirla è l’ex A.d. di Unicredit Ghizzoni, chiamato in causa da Ferruccio de Bortoli. Al momento il manager tace. Ma, come dicevano le nostre nonne: chi tace acconsente. E anche se Ghizzoni dovesse confermare le circostanze raccontate nel libro resterà sempre il dubbio: la parola dell’uno contro quella dell’altra. Non se ne esce.

Nel frattempo, la deflagrazione produce i suoi effetti dove deve produrli. A cominciare dal campo della politica. Era scontato che i Cinque Stelle, in crisi di credibilità per le pessime prove di governo offerte nelle città amministrate dai loro sindaci, accogliessero come una manna dal cielo l’inaspettato cadeau che de Bertoli gli serve su un piatto d’argento. È probabile, anzi scontato, che ciò sfocerà in una nuova mozione di sfiducia contro la signorina Boschi, o forse contro l’intero Governo. Ma tutta la vicenda, a voler usare un’espressione cara all’ex direttore del Corriere della Sera, puzza dell’odore stantio di certi poteri forti che poi tanto forti non sono. Dietro l’attacco alla Boschi c’è un siluro a Matteo Renzi e alla sua voglia matta di tornare alla guida del Paese al più presto. È chiaro che a certi salotti rattoppati dell’economia e della finanza nostrana Paolo Gentiloni piace e se lo vogliono tenere stretto il più a lungo possibile. Quale migliore segnale da inviare al focoso pretendente che segare il ramo sul quale è appollaiata la sua più fidata collaboratrice?

Se in Parlamento verrà giocata la carta della sfiducia a tutto l’Esecutivo per mano degli “utili idioti” dei Cinque Stelle, Gentiloni chiederà a Maria Elena di farsi da parte nell’interesse del partito e del Paese. Così, mentre i grillini scuotono l’albero, il Premier ne raccoglie il frutto migliore: sbarazzarsi dell’ingombrante presenza della plenipotenziaria renziana che continua a iscrivere ipoteche sulla vita dell’odierno Governo.

Se questa è la pietanza che sta per essere servita, il centrodestra farebbe bene a tenersi lontano dal desco. Perché ingerire polpette avvelenate non è salutare. E allora che se la sbrighino da soli i compagni del Partito Democratico, sedotti e abbandonati dai “poteri-Arlecchino” per le molte pezze cucite sul deretano. Il Paese ha altro a cui pensare.

Aggiornato il 10 maggio 2017 alle ore 18:02