
L’Italia scopre la vocazione per l’“Uomo forte al comando”. Stando a un sondaggio, condotto dall’Istituto di rilevazione Demos nel novembre 2016, l’80 per cento degli intervistati sarebbe attratto da questo modello di leadership. A muovere il sentimento degli italiani verso soluzioni disallineate rispetto alla filosofia della democrazia partecipata provvederebbe la convinzione che ci sia troppa confusione nella guida del Paese. Come a dire: troppi galli a cantare non fa mai giorno.
Cosa spinge gli italiani a questa scelta? Una possibile risposta sta nel comprendere la condizione psicologica, oltre che materiale, delle popolazioni occidentali alle prese con l’espansione incontrollata della globalizzazione. La concentrazione di poteri transfrontalieri, per lo più incogniti, ha generato incertezza nelle comunità territoriali. Ed è proprio il sentirsi esposti, indifesi, al prorompere nella quotidianità dell’immanenza di forze metafisiche che sta facendo affiorare dall’inconscio individuale e collettivo delle comunità un bisogno di protezione. Tale pulsione è del tutto analoga a quella che nel Medioevo spingeva le popolazioni del contado, funestate dalle angherie delle bande di predatori, a cercare riparo e soccorso tra le mura fortificate delle città e dei castelli. L’archetipo dell’“Uomo forte al comando” risponde all’atavico bisogno di difesa che connota il debole.
Per il sondaggio sono i giovani e il ceto medio a esprimersi in tal senso, cioè le categorie socio-produttive maggiormente esposte agli effetti negativi della globalizzazione. Ma, come sovente è avvenuto nel passato, i vinti di oggi possono diventare i vincitori di domani. Cercare un capo nel quale riconoscersi totalmente è certamente una delle strade praticabili per ribaltare il destino. È da questo humus che nascono i Trump e i Putin. Qual è stata la forza di Vladimir Putin? Le sanzioni comminate dai Paesi occidentali. Gli stolti europei pensavano che chiudendo i rubinetti degli scambi commerciali avrebbero preso per fame il popolo russo. La pressione indebita ha fatto scattare quell’orgoglio identitario che ha consentito alla dirigenza moscovita di resistere senza cedimenti. Ora Putin è più forte e i problemi ce li hanno gli europei.
Gli yankee dell’America profonda? Non hanno retto alla spoliazione del sistema manifatturiero nazionale e alla crisi occupazionale che hanno provocato perdite significative di reddito per le famiglie dei ceti medio-bassi. Si è presentato loro un signore che ha detto una cosa semplice: “America first”. E la maggioranza di loro gli è andata dietro. Perché, invece, da noi questi modelli hanno platealmente fallito? Matteo Renzi è stato sicuramente un esempio di “Uomo forte al comando”, eppure è stato sconfessato da quello stesso corpo elettorale che, stando al sondaggio, si è espresso per l’avvento di un leader-condottiero. Sono forse impazziti gli italiani? Niente affatto. Il punto è che la definizione di “Uomo forte” risulta fuorviante: può confondersi con quella di “Uomo solo al comando”, che è altra cosa. In realtà, sarebbe meglio parlare di “Uomo coerente al comando”. Il discrimine che sancisce il successo o il fallimento di una leadership oggi si focalizza non più sulla leva autoritaria, propria dei tiranni e delle oligarchie, ma sulla capacità di tenere in asse le promesse elettorali con gli atti concreti di governo.
Donald Trump ha detto in campagna elettorale che avrebbe costruito una barriera con il Messico. A meno di una settimana dal suo insediamento ha firmato gli ordini esecutivi per l’avvio dell’opera. L’aveva promesso, l’ha fatto. Questa è la dinamica virtuosa tra pensiero e azione, teoria e prassi, da cui trae origine il senso di affidamento nel potere taumaturgico dell’“Uomo coerente”. Che è l’esatto contrario di ciò che avviene in Italia dove la “narrazione” della promessa si sovrappone, mistificandola, all’azione concreta. È quindi giunto il tempo di un nuovo paradigma per la leadership? Può darsi. Quel che è certo, dopo Putin e Trump, è che, come dice l’olandese Geert Wilders: “Il genio non rientrerà nella lampada, che vi piaccia o no”.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:46