L’Antimafia e l’elenco dei massoni italiani

Con tutto il rispetto possibile, e senza dimenticare gli illustri adepti del passato, dall’eroe dei due mondi Giuseppe Garibaldi al radicale sindaco di Roma Ernesto Nathan, se oggi accade che dei signori, nel loro tempo libero, si dilettano con grembiulini, compassi e grandi architetti dell’universo, per quanto tutto possa risultare ridicolo e anacronistico, alla fine è affar loro. Ognuno si diverte e impiega il suo tempo che può e come sa. Se oltre grembiulini, compassi e architetti universali, come spesso accade in queste confraternite, fanno “affari” e si sostengono tra loro, diventa cosa penale se si viola qualche legge; ma si tratta appunto di comportamenti concreti, e non di affiliazione in quanto tale, da mettere sotto osservazione e controllo.

Diventa affare più generale, e non più del singolo, se ad occuparsi di massoni è la Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia. La Commissione vuole acquisire gli elenchi degli affiliati alle logge che aderiscono al Grande Oriente d’Italia, il Goi. Una sorta di “ingiunzione”, quella della presidente della Commissione Rosy Bindi, che risale già all’agosto scorso. Il Gran Maestro dei Goi, Stefano Bisi, risponde picche: “Non darò gli elenchi”, fa sapere. Un “No” ribadito anche l’altro giorno. Ma la Bindi insiste. Un’insistenza motivata dal fatto che si vogliono chiarire possibili intrecci tra massoneria e mafia. Così, per “chiarire”, cosa di meglio che disporre il sequestro degli elenchi con tutti i nominativi degli iscritti?

Per aggirare il “No” del Gran Maestro, si fa sapere, avvalendosi dei poteri che la Commissione dispone, si valuta un intervento “manu militari” della Guardia di finanza. Un intervento, riferiscono dalla Commissione, che potrebbe avere pratica attuazione verso la fine del mese. Si vuole accertare se i vertici del Goi “conoscono, o addirittura proteggono, le attività dei soci sul territorio”. La richiesta risale ad agosto, ma ora si è fatta più pressante con l’esplodere dell’inchiesta sul cyber-spionaggio per la quale i due fratelli Francesca Maria e Giulio Occhionero sono finiti in carcere. Giulio risulta infatti iscritto ad una loggia. Dalle carte allegate all’ordinanza si ritaglia una sua preoccupazione per l’eventualità che il Gran Maestro Bisi potesse fornire alla Commissione antimafia gli elenchi della loggia cui apparteneva: “È intenzionata”, dice Giulio alla sorella, a proposito di Bindi, “a passarli ai giornali”.

Proviamo a fare il punto: la Commissione Antimafia vuole acquisire gli elenchi degli affiliati alla massoneria per accertare legami con cosche mafiose. Giulio Occhionero, anche lui affiliato ad una loggia massonica, parlando con la sorella esprime la sua preoccupazione per questa iniziativa. La Commissione Antimafia, appresa di questa preoccupazione, rinnova la richiesta di acquisire gli elenchi. Perché Occhionero nutra questa preoccupazione può essere interrogativo interessante da sciogliere; già chiedersi come lo abbia saputo, è ozioso: l’avrà letto sui giornali.

C’è poi l’interrogativo vero: perché l’Antimafia è così interessata a quegli elenchi? I legami, i contatti, le complicità presunte con la mafia...

Vero è che la massoneria – con buona pace degli illustri affiliati di un tempo – gode di cattiva fama, e hanno voglia i “fratelli” a spiegare che sono cosa diversa dalla gelliana P2. Ad ogni modo, che se ne fa la Commissione Antimafia degli elenchi, di questi nomi, perché è così importante sapere se il signor Rossi, il signor Verdi o il signor Bianchi sono massoni? Il link, ardito e magistrale, pare sia questo: tempo fa si è scoperto che a Castelvetrano ci sono molte logge massoniche. Troppe, ha pensato qualcuno, rispetto ai suoi 31mila abitanti. Oltretutto Castelvetrano è il paese d’origine del boss mafioso Matteo Messina Denaro. Evidentemente si sospetta, si crede che ci siano mafiosi iscritti alla massoneria; massoni che sono mafiosi. E, tanto per gradire, c’è qualche servizievole “voce” che sussurra l’ipotesi che Messina Denaro si sia “dimesso” dalla mafia, e ora, “pensionato”, soggiorni da qualche parte in Sudamerica, protetto e aiutato da non meglio precisati ambienti massonici.

Si ammetterà che il teorema c’è tutto. Ora può anche essere che i massoni di Castelvetrano e dintorni abbiano qualche cosa a che fare con Matteo Messina Denaro e la mafia. Però non è che essere massoni, anche a Castelvetrano, comporti necessariamente l’essere mafiosi o complici di Messina Denaro. Dunque, più che l’affiliazione alla massoneria, sono i comportamenti concreti che andrebbero individuati, perseguiti e colpiti. Ma questo è un ragionare nostro, che siamo anime semplici e ingenue.

La Commissione Antimafia opera a largo raggio. Per questo vuole gli elenchi degli iscritti. Ove mai venissero dati gli elenchi di iscritti a logge di Bergamo, Viterbo, Perugia o Bologna, cosa se ne farà mai, l’Antimafia, quali deduzioni e ragionamenti ne potrà ricavare? Ci si limitasse agli elenchi di affiliati di Castelvetrano, della provincia di Trapani, della Sicilia, una logica nella non-logica pur ci sarebbe. Ma tutti gli elenchi, significa dalle Alpi a Lampedusa. Che senso ha? Dal momento che si adombrano complicità in una ipotesi di fuga e protezione all’estero di Messina Denaro, perché limitarsi ai soli massoni italiani? Perché non estendere la ricerca (con relative rogatorie) anche a logge fuori dai nostri confini?

Nel tempo che fu, affiliati alla massoneria troviamo Voltaire e Benjamin Franklin, Mozart e Oscar Wilde, Conan Doyle e Kipling, Alexander Fleming e “Duke” Ellington, John Wayne e Totò, Enrico Fermi ed Edmondo De Amicis, Giosuè Carducci e Nino Bixio, Carlo Collodi e Giuseppe Garibaldi, Vittorio Alfieri e Giacomo Casanova. Di tutto e di più insomma. Di tutto e di più, è da credere, si trovi anche oggi negli elenchi custoditi dal Goi. Dunque, quand’anche la Guardia di finanza, forzosamente, li acquisirà, che se ne farà mai e che conclusioni ne trarrà?

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:43