Un tripolarismo in disfacimento

Con il terremoto grillino di Roma l’unica cosa certa è la disfatta del tripolarismo. Dei tre, infatti, non ce n’è uno che non sia in crisi ed a rischio dissolvenza.

La frittata della Capitale per i pentastellati, comunque sia e comunque vada, non solo non è ricomponibile, ma produrrà nei prossimi mesi un effetto a catena deflagrante e definitivo. Qui non si tratta di “commissariare” una sindaca fragile, impreparata e scelta male, si tratta di rifondare un movimento che non può vivere delle regole di “Rousseau”. Pensare di tenere uniti decine e decine di parlamentari, consiglieri, sindaci, solo grazie a contratti, disciplinari d’ordine, codici d’appartenenza e regolamenti di servizio più che inutile è ridicolo.

Non solo sarebbero bastati i dieci comandamenti, ma affidare alla Rete il compito di assicurare la democrazia e selezionare i “mandati” è una furbizia che non tiene. A Beppe Grillo più che Rousseau servirebbe Tocqueville, solo così il suo lavoro potrebbe avere senso e speranza di futuro. Il putiferio romano, infatti, non nasce solo dalle fragilità di Virginia Raggi, ma dagli assurdi e poco trasparenti metodi imposti dal ticket Grillo/Casaleggio. Oltretutto, se le stesse cose fossero accadute a una sindaca di centrodestra, i grillini avrebbero messo a ferro e fuoco Roma.

Roma e l’Italia non sono la Repubblica di Ginevra e la società nel terzo millennio è un po’ diversa da quella del XVIII secolo. Ecco perché i Cinque Stelle non reggono alla prova di governo e si sfaldano quando serve classe dirigente, formazione, selezione, meritocrazia, trasparenza e coerenza. E proprio sulla meritocrazia, che è parte fondante del principio democratico, liberale, hanno fallito sia Grillo che i leader degli altri due poli. Matteo Renzi, Silvio Berlusconi e Beppe Grillo, seppure con metodi, stile e programmi politici diversi, hanno tutti e tre trasformato in qualcosa di personale quello che personale non può e non deve essere. Sta tutta qua l’immensa differenza fra un concetto di democrazia generico e quello di democrazia liberale, pluralista, aperta, laica, attenta alla realtà del Paese. Non è un caso che Berlusconi fece del centrodestra un partito-azienda, come Renzi ha fatto del centrosinistra un impero personale e Grillo dei Cinque Stelle un affare suo. Tanto è vero che il comico genovese ha scelto la cosiddetta “democrazia diretta”, una formula che attraverso l’uso furbetto della Rete gli consente di porre e disporre come e quando vuole. Fatto sta che tutti e tre hanno fallito, il Cavaliere ha creato e distrutto il centrodestra, Renzi ha polverizzato il centrosinistra e Grillo sta spappolando il movimento.

Insomma, tre esempi di cesarismo, ovviamente diversi fra loro, ma pur sempre cesarismo. Nella democrazia liberale le scelte, gli indirizzi, la formazione della classe dirigente non sono un fatto marginale, ma l’essenza stessa della garanzia e della tutela della collettività, dello stato di diritto, della trasparenza democratica. Ecco perché ci ritroviamo con un tripolarismo sbandato, sfilacciato, conflittuale e disgregante. Servono nuovi moduli di aggregazione e di scelta delle persone. Capi e capetti, principi e principini, schiatte e dinastie non funzionano, non reggono, non resistono più alle richieste e alle necessità di un Paese in crisi come il nostro, che dalla e della politica ne ha viste e subite di tutti i colori.

All’Italia serve qualcosa di totalmente nuovo, nello spirito, nell’animo, nelle corde, serve nei partiti, al Governo, in Parlamento, nelle istituzioni e ai vertici della macchina pubblica. Solo così può ripartire la cinghia di trasmissione fra Stato e cittadini, politica ed elettori, amministrazione e contribuenti, produzione e lavoro. Una dopo l’altra stanno franando tutte le ipocrisie che ci hanno accompagnato fin qui, a partire dalla peggiore, quella cattocomunista. Prima o poi si voterà, c’è tempo per preparare qualcosa di nuovo, trasparente e serio, c’è tempo per scegliere la gente e il programma, c’è tempo per provarci. C’è tempo per rileggere, studiare e soprattutto capire Alexis de Tocqueville, Adam Smith, Isaiah Berlin, Ludwig von Mises, John Stuart Mill e soprattutto Einaudi, Luigi Einaudi.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:51