
È ora di dire basta col can-can montato intorno al personaggio di Vincenzo De Luca. Il Governatore della Campania è uomo astuto. Ha compreso che a vestire i panni della macchietta si guadagna share. Andare oltre la caricatura, oltre l’ironia di Maurizio Crozza fa audience: possibile che nessuno lo capisca? De Luca che arringa i suoi sodali a base di mirabolanti promesse elettorali e fritture di pesce per fare il pieno di “Sì” al referendum del 4 dicembre non dovrebbe neppure essere una notizia: è la cifra del personaggio pubblico. Ma si dirà: ci sono immagini rubate a un suo comizio che fanno discutere. Ma sicuro che non sia stato lo stesso De Luca a manovrare perché venissero diffuse? Vuole che si parli di lui, delle sue stranezze, di quel suo modo spiccio di dire le cose che conquista coloro che si fermano alla superficie delle parole e neppure provano a verificare quanto lui valga da amministratore della cosa pubblica.
Già, perché la Regione Campania in un anno abbondante di suo governo non è andata indietro e neppure avanti. Ad essere precisi non è andata da nessuna parte. Se in Italia l’inversione di tendenza del ciclo economico è stata debole, in Campania è stata molto meno dinamica rispetto al profilo medio generale. Secondo Unioncamere, nel 2015 il tasso di crescita complessivo del valore aggiunto a prezzi correnti è stato di +1,3 per cento rispetto al 2014 su scala nazionale, mentre in Campania il medesimo indicatore si è arrestato al +0,9 per cento. E De Luca nel 2015 c’era già. Quindi, dov’è il miracolo che ha promesso in campagna elettorale? Si dirà: siamo nel 2016. Sebbene sia prematuro trarre bilanci, le prime rilevazioni sulle tendenze macroeconomiche dicono che anche quest’anno la situazione non cambierà. Nonostante i fiumi di denaro che il Governo Renzi promette di canalizzare verso la Campania. E la curva dell’occupazione? Un pianto greco: Jobs act o meno. La verità è che il modello economico campano si conferma nella sua caratteristica d’impermeabilità agli stimoli esterni. A incidere sulla ricchezza prodotta in Campania resta l’inossidabile Pubblica amministrazione che incide sul dato complessivo per un 20,4 per cento rispetto al 13,6 per cento della media nazionale.
Tuttavia, un sistema produttivo sostenuto per buona parte dal committente pubblico è simile a una polpetta avvelenata messa nel piatto dell’affamato: la si mangia perché non c’è altro sapendo da prima che si finisce all’ospedale. Fuori di metafora: più spesa pubblica equivale a maggiore incidenza decisionale degli apparati burocratici e, inevitabilmente, a più corruzione nella sfera economica. Per informazioni sull’argomento citofonare a Raffaele Cantone. Di questo si dovrebbe parlare a proposito di Vincenzo De Luca. Invece, come tanti levrieri inebetiti, i media e la politica corrono dietro alla lepre di paglia del De Luca delle fritture di pesce e delle battute sconce sugli esponenti “mezze pippe” dei Cinque Stelle. Come se le amenità fossero il problema e non lo fosse la sua inefficace azione di governo. Ora ci si mette anche la Bindi. La presidente della Commissione parlamentare antimafia sospetta che dietro le baggianate oratorie del Frà Diavolo di Ruvo del Monte si celi una qualche volontà criminale. Quale migliore regalo per De Luca dell’invocare l’intervento della magistratura su una galattica fesseria. Più lo si attacca più aumentano le simpatie per la “vittima”, prima si scordano i suoi fallimenti da Governatore.
Si può comprendere che Renzi e i suoi ci stiano a partecipare alla sceneggiata, ma la libera voce dell’informazione e i partiti d’opposizione perché abboccano? Ci si concentri piuttosto sulle cose serie. La sanità, ad esempio, che De Luca vuole avocare a sé. Il Premier lo ha accontentato: ha fatto approvare nottetempo una norma che consente ai presidenti di Regione di diventare commissari della Sanità nei propri territori. Un provvedimento cucitogli addosso per consentirgli di regolare i conti con l’odiato nemico-alleato Ciriaco De Mita, da decenni “deus ex machina” della sanità campana. Il cadeau renziano è ciò che ha scosso da un torpore intenzionale De Luca, costringendolo a impegnarsi nella pesca a strascico dei “Sì” al referendum. E ora: fategli “una risata in faccia a questa pipa”, come direbbe lui.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:01