Lo Stato ci insegna ad essere padri

Nei giorni scorsi il presidente dell’Inps, Tito Boeri, ha lanciato la necessità di introdurre il congedo di paternità obbligatorio di ben 15 giorni. In sostanza, l’obbligo di rimanere vicini a nostro figlio appena nato rinunciando al proprio lavoro. Si tratta di un congedo che andrebbe a sostituire quello attuale, di due giorni obbligatori. Il tutto con la previsione di sanzioni per chi non rispetta tale obbligo. Una novità, secondo Boeri, che cambierebbe radicalmente la cultura del nostro Paese. Perché? Perché “è ancora diffusa la percezione - ha spiegato Boeri - che le madri che lavorano siano cattive madri, ma non è così. Il risultato: solo 4 padri su 100 prendono congedi facoltativi. Un circolo vizioso che fa gravare tutto sulla donna, mentre il potere contrattuale resta agli uomini”.

C’è poi un’altra motivazione che il presidente dell’Inps mette sul piatto per convincere tutti i padri di famiglia a diventare “mammi” per imposizione: gli studi condotti nei Paesi in cui è stato istituito il congedo di paternità obbligatorio “hanno dimostrato - ha dichiarato Boeri - quanto la presenza del padre aiuti lo sviluppo cognitivo dei figli e ne migliora il rapporto”.

Quindi tutti a lezione da “papà Stato” che ci insegna quali siano i metodi migliori per crescere i nostri figli o migliorare il nostro rapporto con loro, quale sia il periodo ideale per creare subito una buona intesa con il neonato. Quanta presunzione, ma per favore. Non basta la presenza dello Stato con le sue tasse? Con i suoi iter burocratici? Con il controllo estenuante dei nostri quattrini? Adesso deve anche entrare nelle nostre case e dirci come comportarci con figli, mogli o compagne perché noi, secondo lui (lo Stato), non siamo in grado. Dobbiamo farci indirizzare.

Caro Boeri, lasciaci almeno la libertà di andare a lavoro con un figlio a casa. Il Paese ne ha bisogno.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:48