
Era tanta a Napoli la voglia d’arrivare alle mani con chi s’è preso il Paese. Ed ecco che il servizio d’ordine per garantire l’incolumità di Matteo Renzi si può dire sia stato, all’Assemblea nazionale sul Mezzogiorno, paragonabile a quello sfoderato da Erdogan all’indomani del fallito golpe in Turchia.
Le rivoluzioni vengono temporalmente allocate in quello spazio noto come storia moderna e contemporanea e, con buona pace della classe operaia, ormai tutti riconoscono che sono stati sempre i borghesi ad ordire i sommovimenti antigovernativi. La classe operaia, il proletariato, si sono sempre uniti dopo, a progetto sovversivo pronto. Oggi è cosa assai buona cospirare contro il Governo Renzi e questo Stato inetto, ed a costo di pagare con la galera e le ferite. Trentacinque e più anni orsono sarebbe stato molto più semplice ordire focolai di rivolta per poi giungere all’occupazione muscolare di qualche palazzo del potere. Oggi questo progetto non decolla perché la borghesia non ha un progetto di Stato. Perché la gente non è più inquadrabile nelle classificazioni di un tempo: non c’è più borghesia media e piccola, la classe operaia è morta, proletariato e sottoproletariato si sono trasformati in una poltiglia sociale d’indigenza in cui è sprofondata anche la borghesia. Renzi sguazza in questa società zombizzata, frapponendo tra la sua persona ed il popolo i mercenari della sicurezza (ovvero le sue tante scorte). Ecco che in questi periodi degni d’un Vidocq a capo della Sûreté, gli unici a stipendio certo sono coloro che garantiscono sicurezza, informazioni, spionaggio telefonico e comunicazione a Matteo Renzi. Certi che il tirannicidio sia gesto nobile e coraggioso, va pur detto che oggi di gente alla Gaetano Bresci non se ne vede nemmeno l’ombra.
Lo scrivente reputa giusto adoprarsi anche violentemente per il cambiamento politico, quindi non può che plaudire ad ogni iniziativa di piazza capace di destabilizzare l’attuale Governo. Certo, la polizia risponde con gli idranti al lancio di uova, sanpietrini e arance da parte dei manifestanti: e c’è da credere che di fronte ad assalti più seri non s’imbarazzerebbero a sparare pallottole ad altezza d’uomo. Perché nell’attuale sistema la vita di un manifestante antigovernativo vale meno di zero. Secondo quanto ha reso noto la Questura di Napoli, gli agenti avrebbero risposto al lancio di uova di un gruppo di manifestanti anti-Renzi. Ma va detto che, oltre agli esponenti storici dei centri sociali, nella zona di viale Kennedy (vicino alla Mostra d’Oltremare dove il Premier parlava all’Assemblea nazionale sul Mezzogiorno) c’erano centinaia di disoccupati. È evidente che il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, stia passando dalle parole ai fatti: non possiamo dimenticare che questo Governo è nato sotto l’auspicio della “tolleranza zero verso le intemperanze di disoccupati” e persone che non accettano un “percorso d’esclusione sociale”. Tra quelli scesi in piazza a Napoli e la polizia ci sono stati, tutto sommato, piccoli momenti di tensione: i dimostranti potevano e dovevano fare di più, ma non mancheranno i tempi e i luoghi. Un gruppo di manifestanti, nel frattempo, era riuscito ad arrivare davanti alla Mostra d’Oltremare. Tra le mani stringevano striscioni contro il referendum costituzionale (“C’è chi dice No”) e uno contro Vincenzo De Luca, governatore della Campania, e il primo ministro con la scritta: “Renzi e De Luca, iatevenne” (andatevene). In piazza c’erano esponenti del movimento disoccupati, ma ce ne dovevano essere in numero maggiore.
Certo, sono stati rovesciati alcuni cassonetti dei rifiuti al passaggio di Renzi, ma poca roba. Il movimento “Disoccupati 7 novembre” dovrebbe raccogliere a Napoli molti più consensi, ed alla luce dello sconquasso lavorativo in cui versa l’intera Campania. Sorge il dubbio vi siano state le solite intimidazioni questurine, ovvero le minacce di arresto da parte della Digos nei riguardi dei disoccupati: costume antico nelle questure del Mezzogiorno. A questo punto, vista la prepotenza del servizio d’ordine di Renzi, possiamo agevolmente concludere che l’uomo governa l’Italietta: è un ridotto nel solco di Giolitti, che fu prima di lui “ministro della malavita”. Non ci rimane che sperare nella piazza, perché non è roba da partiti mandare a casa il cialtrone fiorentino.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:54