
Si parla troppo poco dell’oggetto vero del voto, dei nuovi articoli che si vogliono appiccicare alla Costituzione e della loro possibilità di funzionare. Ma, in mezzo alle barzellette delle bollette che sarebbero ridotte se vince il “Sì”, quelle delle minacce di calo del 4 per cento del Prodotto interno lordo se vince il “No”, quelle della necessità della riforma per combattere il terrorismo e le altre consimili baggianate raccolte nello “Stupidario” o rimaste fuori per mancanza di capienza, finiamo anche noi per non cedere alla tattica renziana di “parlar d’altro”, per non pensare abbastanza all’enormità del pasticcio in cui Matteo Renzi ha cacciato l’Italia. Un pasticcio che col referendum viene inesorabilmente al pettine.
Un Parlamento, eletto con una legge dichiarata incostituzionale, che perciò avrebbe solo dovuto essere sciolto al più presto, non solo ammannisce una nuova legge elettorale più incostituzionale (per gli stessi motivi e per altri) di quella censurata dalla Consulta, ma dà mano ad una riforma della Costituzione per farla diventare, invece che la Costituzione di tutti, la Costituzione del Governo Renzi, che infatti è ricorso a voti di fiducia, inconcepibili comunque in procedimenti relativi a leggi costituzionali, che è poi la fiducia della maggioranza procurata dalla legge elettorale incostituzionale.
Il tutto con un’opposizione fatta oggetto di una sistematica azione repressiva da parte di un partito per una natura abusiva ed incostituzionale: il Partito dei Magistrati con la sua “giustizia di lotta”, con la quale ha disarcionato Silvio Berlusconi. Con l’aggiunta di Presidenti della Repubblica che acconsentono, senza nemmeno tacere. Di fronte a tutto ciò un “No” è anche troppo poco...
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:54