
La tecnologia informatica ha rivoluzionato la società della comunicazione. La “convergenza” in un unico strumento dell’insieme delle funzioni, una volta separate nella tecnologia del telefono, della televisione e del computer, ha trasformato gli utenti in consumatori di comunicazioni che possono soddisfare, nello stesso tempo, il diritto di essere informati e di comunicare. Questa è una delle rivoluzioni più sconvolgenti del tempo moderno.
Per qualcuno, nel mondo della politica, la convergenza tecnologica ha addirittura il pregio di rendere “effettiva” la democrazia. In verità, se la sai usare sapientemente, puoi trasformarti, in men che non si dica, in un comunicatore che ha a disposizione la platea globale. Puoi servirtene per tutti gli scopi, nobili e meno nobili. Puoi arrivare ovunque, ma devi sapere che, una volta avviata, la macchina può camminare anche da sola, per inerzia, anche contro la tua volontà, e potresti non essere in grado di fermarla.
Si comunica e si condivide tutto, anche l’incomunicabile. Si può condividere un paesaggio o un’opera d’arte, una festa paesana, una ricorrenza, una conferenza, un concerto, un selfie con un atleta o il politico di turno. Anche soltanto un piatto di spaghetti alle vongole, fotografato al ristorante e condiviso con la fidanzata, gli amici. Le curiosità del teatro globale sono imprevedibili. Ognuno condivide quello che gli pare. Un vero e proprio profluvio di comunicazioni, utilizzate per fini nobili e giochi frivoli. Anche le nonne sono digitalizzate. Armeggiano al parco, per strada, al supermercato, dal parrucchiere.
Eccessi comunicativi della società dell’informazione, che si spiegano soltanto con la solitudine degli uomini e delle donne del nostro tempo, sempre più individui e sempre meno persone, sempre più stracolmi di libertà individuali, ma sempre meno riconoscibili nei nuclei familiari. C’è meno quartiere, meno paese, meno nazione, meno comunità sociale. Tiziana Cantone, poco più che trentenne, napoletana, di fronte all’impotenza di poter arginare la marea di immagini di sé e delle irrisioni alla sua dignità, a seguito della loro divulgazione, ha deciso d’impiccarsi nella sua cantina, di fronte al montare della Rete. Siamo stati trasformati da soggetti passivi della comunicazione in soggetti attivi. Da spettatori siamo stati promossi registi, produttori e demagoghi, senza conoscere le regole del mestiere. Non servono abilitazioni o patenti. La società della comunicazione si è trasformata nella libertà senza confini di metterti a nudo. Ne puoi fare un uso sapiente o scellerato.
Gli organi di garanzia preposti ad oscurare i video di Tiziana non sono arrivati in tempo. La dignità era ormai stravolta. C’è da domandarsi: com’è possibile che sul web si possa mettere di tutto, senza ipotizzare l’introduzione di procedure rapide di controllo e autocontrollo, attivabili da parte di chi non consente che la sua immagine, il suo pensiero, circoli liberamente nella Rete, oppure semplicemente da parte di chi gode del diritto all’oblio? E poi, come dubitare dell’utilità d’introdurre politiche di controllo sulle presunte “trasmissioni oscene”?
Guai a considerare la libertà di comunicazione come assoluta. Negli Stati Uniti i reclami alla Commissione federale sulle comunicazioni (Fcc), contro presunte trasmissioni “oscene”, hanno raggiunto negli ultimi anni aumenti percentuali altissimi, anche per molto poco. È il puritanesimo americano?
Lo scontro è alto: libertà contro valori. Prevale il principio per cui se non commetti reato tutto è consentito. E poi, c’è il rischio incombente dell’insinuazione subdola della censura. Del resto, si dice, alle trasmissioni via cavo accede soltanto lo spettatore curioso che ha espressamente aderito, chiesto e, talora, pagato il servizio. Il web senza nessuna disciplina resta però una giungla. Gli adulti possono vigilare sull’uso che ne fanno i minori, ma gli adulti? La tutela del cosiddetto diritto all’oblio merita una disciplina diversa, più rapida, diretta. La Rete non può impossessarsi per l’eternità delle immagini e dei segni altrui. Chi l’ha detto che dopo il clic tutto può cadere in mano d’altri? La magistratura indaga se qualcuno è perseguibile per l’induzione al suicidio di Tiziana o per violenza privata. Benissimo. È però necessario cominciare a sgretolare il mito dell’intoccabilità del web? Non c’è niente di sacro nella libertà di comunicazione, soprattutto se la comunicazione non riguarda il pensiero.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:54