
Per la riforma dell’editoria settembre sarà la volta buona? Ce n’è bisogno urgente data la situazione di crisi delle aziende editoriali e la mancata ripresa della pubblicità. Lo dimostrano anche le ultime decisioni agostane all’Espresso-La Stampa, al Tempo e all’Unità. Il clima di divisioni esistente in Parlamento non induce, però, a facili ottimismi anche se gran parte degli interlocutori riconoscono la necessità di procedere ad alcune modifiche della normativa esistente a partire dalla legge 416 (del 1981 e relative modifiche) sullo stato di crisi delle aziende.
Fino al 2009 nel caso di ristrutturazioni era possibile il ricorso ai prepensionamenti quando il giornalista o poligrafico aveva 58 anni di età e poteva vantare 18 anni di contribuzioni. L’onere toccava all’Istituto di previdenza. Poi, a causa di un eccessivo uso di questo strumento (un armonizzatore sociale spesso buonista dietro pressioni delle aziende) il Governo Berlusconi-Tremonti decise di venire incontro alle casse dell’Inpgi con 20 milioni l’anno. Doveva essere un intervento di sostegno che ponesse fine ai rossi di bilancio, ma l’andamento della crisi ha travolto le previsioni. Meno giornalisti contrattualizzati significa minori introiti per l’istituto di previdenza e più incertezza per le pensioni future.
Con la riforma dell’editoria il tetto minimo per i prepensionamenti dovrebbe essere portato a 62 anni con 25 anni di contributi. Altre norme riguardano l’Ordine dei giornalisti, a partire dalla riduzione del Consiglio a 62 membri, 18 dei quali adibiti a giudizi disciplinari. L’obiettivo dichiarato è di varare la riforma entro l’anno. Dubbi restano sull’entità dei finanziamenti per lo sviluppo e la ripresa del settore. Ancora una volta si tratta di una riforma di basso profilo, che tiene poco conto dello sviluppo digitale e delle innovazioni tecnologiche che stanno trasformando il giornalismo in tutto il mondo. Le notizie, le immagini invadono la scena attraverso gli smartphone, i selfie e i messaggi whatsapp arrivano in tempo reale: dovunque e ovunque. I giornalisti sono sempre più costretti ad utilizzare i nuovi mezzi per trasmettere in continuazione brevi flash ai siti on-line di cui si sono dotati i quotidiani, i settimanali e le radiotelevisioni. La preoccupazione maggiore che deriva dalla lettura dei testi presentati in Parlamento riguarda la poca attenzione per il futuro dei giovani professionisti proiettati a lavorare di più ed a guadagnare di meno. E con minori garanzie e tutele, perché si approssima un nuovo contratto di lavoro catastrofico per la categoria.
La Federazione degli editori presieduta da Maurizio Costa (ex Corriere della Sera) ha presentato un documento di 12 pagine dopo aver disdettato a ottobre 2015 il contratto. Era la prima volta nei rapporti Fieg-Fnsi che si verificava. A settembre scadono i 6 mesi di proroga richiesti e le trattative dovrebbero concludersi con un peggioramento delle normative vigenti. Gli editori chiedono un rimescolamento delle carte a partire dai poteri dei direttori, alla possibilità di licenziamento anche per i capiredattori che verrebbero considerati figure apicali. La piattaforma indica prospettive di profondo cambiamento del lavoro giornalistico nelle redazioni e fuori: revisione dell’orario di lavoro da distribuire su sei giornate, riduzione degli scatti di anzianità, introduzione della retribuzione d’ingresso (che peggiora l’allora contratto depotenziato), tagli al mini-inviato e aumenti retributivi quasi inesistenti.
Sarebbe questa la flessibilità pretesa e auspicata dagli editori alle prese con fusioni di ampia portata come quelle tra il Gruppo editoriale L’Espresso e La Stampa che hanno deciso di vendere “Il Centro” e “La Città di Salerno” a cui si contrappongono l’operazione Cairo per il Corriere della Sera e la Gazzetta dello Sport (l’editore piemontese è anche l’azionista di maggioranza de “La7” e di una serie di periodici popolari) e i movimenti intorno a Mediaset-Vivendi, il cambio di proprietà dopo vent’anni a “Il Tempo” da Domenico Bonifaci a Gianpaolo Angelucci (azionista anche di “Libero”) e la condirezione a “L’Unità” con il tandem Sergio Staino-Andrea Romano.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:49