L’obiettivo comune e i ricorsi storici

Una volta c’era il quadripartito o il pentapartito per comporre governi e maggioranze in chiave anticomunista e per decenni è andata avanti così, oggi ci sono le larghe intese in chiave antigrillina.

La Prima Repubblica ha funzionato così, allora i comunisti dovevano stare alla larga dalla stanza dei bottoni, dunque ci si univa intorno all’ombrellone democristiano e si tirava avanti. Sia chiaro, in fondo era come se fosse un tacito accordo fra maggioranza e opposizione, perché alla fine anche nella Prima Repubblica i comunisti contavano eccome. Contavano perché a loro era riservata una bella fetta di potere locale, perché i sindacati facevano il bello e il cattivo tempo, soprattutto la Cgil, perché in Parlamento le leggi importanti erano ampiamente condivise.

I comunisti contavano anche nelle governance delle aziende di Stato, perché nei Cda un posto era per loro, contavano nei grandi apparati pubblici. Insomma, pur non essendo nella stanza dei bottoni, parecchi tasti li spingevano lo stesso. Tanto è vero che, seppure in parte e con quintali di ipocrisia, la stessa Tangentopoli li ha coinvolti eccome e solo incredibili opacità, omissioni e reticenze hanno impedito quel totale coinvolgimento che avrebbe tolto ogni velo alla supposta superiorità.

Insomma, da una parte una maxi larga intesa al governo, dall’altra il Pci tenuto a distanza, ma con grandi spazi di manovra e concessioni. Tutto sommato il sistema funzionava, salvo entrare in fibrillazione con la caduta del Muro e il crollo del comunismo all’Est. Da quel momento il Pci, impaurito dagli eventi e preoccupato che si disvelassero troppo cose, ha rivoltato il tavolo ed è successo di tutto. Del resto solo un terremoto poteva rimescolare le carte e impedire non che il Pci cambiasse solo nome, ma che venisse scovato e travolto tanto da rischiare la polverizzazione elettorale. Oltretutto c’era Bettino Craxi, uno statista vero e di spessore fuori dal comune, che tutt’altra idea aveva della sinistra e del futuro del Paese, dunque per il Pci il pericolo di perdere e finire sotto scacco matto era enorme.

Insomma, con il crollo del comunismo e con l’effetto che si portava dietro, solo qualcosa di sconvolgente avrebbe potuto mantenere in gioco un partito, una classe dirigente, un gruppo di potere. Per questo la storia di Tangentopoli, a quasi un quarto di secolo di distanza, conserva una quantità di fatti inspiegabili, opachi, largamente parziali, soprattutto incredibilmente ingiusti. Sia chiaro, questa è solo una sintesi estrema degli accadimenti che fa parte delle tante ipotesi in campo sul periodo di Tangentopoli. Da quel momento i comunisti cambiano ripetutamente nome, simbolo, linguaggio; infatti, da allora dirsi socialisti non era più tradimento, in buona sostanza compiono la più grande opera di trasformismo della nostra storia politica, cercando di dimostrarsi altro. Si fondono e uniscono con la gran parte del presunto nemico di sempre (Dc), compongono un polo di sinistra con dentro democristiani, cattolici, anticraxiani, pezzi sparsi dell’ex quadripartito e vanno così all’attacco per prendere il potere in toto. Eppure qualcosa gli va storto perché nel frattempo un certo Silvio Berlusconi, nel pieno di Tangentopoli, si inventa un polo antagonista, anticomunista, un polo che non ci stava alle ipocrisie giudiziarie in corso e che incredibilmente vince e prende il governo al posto loro. Insomma, Berlusconi si inventa il bipolarismo, lo crea, lo realizza e fa nascere così il dualismo centrosinistra/centrodestra, che a fasi alterne vince e governa il Paese, con i risultati che sappiamo, dall’una e dall’altra parte. Va avanti così fino al 2011, con Berlusconi, il Pdl e il centrodestra saldamente al governo, a quel punto sempre nel centrosinistra, eterodiretto dall’allora capo dello Stato Giorgio Napolitano, nasce una nuova paura di emarginazione. Paura che il Cavaliere si imponga in Europa contro lo strapotere tedesco, riesca meglio di tutti a trattare con l’America, sia in grado di parlare con Vladimir Putin come nessun’altro, riporti l’Italia fra i big che contano. Insomma, una paura estrema aggravata dal fatto di non essere riusciti a farlo fuori politicamente, usando ogni via giudiziaria possibile e immaginabile. Del resto da anni il centrosinistra ci provava a disarcionarlo e per riuscirci era ricorso all’aiuto... di presunti fedelissimi del Cavaliere; eppure niente, dunque non restava che il coinvolgimento dei più forti poteri finanziari d’Europa, a partire da quelli tedeschi. È così che arriva la crisi dello spread, il rischio di default del nostro debito, l’attacco totale ai nostri titoli di Stato, con il rischio che il Paese saltasse in aria. Berlusconi cede, sbaglia, si piega a Napolitano e arriva Monti, scelto e predestinato da tempo. E qui per l’Italia inizia tutta un’altra storia, perché mentre il centrodestra inizia a liquefarsi, scomporsi, dividersi, il movimento grillino, ancora in fasce, dal 2011 compie un decollo inarrestabile cogliendo l’esasperazione popolare.

Con Monti il Paese a doppia guida, Napolitano/Monti, scende all’inferno e anziché risollevarsi entra in una spirale di crisi devastante, fatta di tasse, Fornero, patrimoniali e mazzate pur di contentare la Germania e la Ue. Ciccata clamorosamente l’esperienza Monti che sparisce di scena, si torna a votare e il centrosinistra vince di un niente, Bersani balbetta e tentenna, dunque arriva Letta per governare. Altro giro, altro regalo, perché Napolitano a quel punto ancora insoddisfatto si inventa Matteo Renzi, lo nomina Premier e l’ex sindaco, votato all’onnipotenza, non ci mette niente a dire “Enrico stai sereno” mentre gli soffia il posto a Palazzo Chigi. E siamo ad oggi, dopo tre anni di Renzi e di promesse inutili, in Europa sprofondiamo più di tutti, non cresciamo e siamo ridotti un popolo avvelenato con il fisco, la burocrazia, la giustizia e la Pubblica amministrazione.

Intanto il centrodestra non esiste più, è sceso ai minimi elettorali, dividendosi su tutto, mentre Beppe Grillo, al contrario, è cresciuto fino a diventare il primo, il più grande e il più pericoloso nemico da battere. Ed è su questo che la storia torna indietro e contro il pericolo grillino gli antagonisti di sempre, centrodestra e centrosinistra, pensano di unirsi in una larga intesa anti-Cinque Stelle. Si rispolvera il Patto del Nazareno e che piaccia o preoccupi, con o senza la vittoria al referendum, Renzi pensa a Parisi e Parisi pensa a Renzi, questa è la realtà e su questo si procede. Solo un difficile tracollo dei pentastellati, che pure su Roma ci stanno provando, potrà far saltare la larga intesa, altrimenti, comunque sia e comunque vada, al referendum (sperando che si faccia) le larghe intese sono pronte a partire. Ecco perché la Prima Repubblica è diventata la Seconda o la Terza, senza cambiare mai, tutto è tornato come era e perfino Berlusconi che aveva inventato il bipolarismo ha ribaltato tutto. Grillo è il pericolo e da noi l’unica soluzione per batterlo è quella di mettersi insieme in una Santa Alleanza. Niente di nuovo, niente di cambiato.

In Italia, almeno per il momento, il gattopardo vince sempre e la speranza che un grande movimento liberaldemocratico, moderno, laico, civico e vicino alla gente, possa dare un futuro e una identità diversa al Paese, non c’è. Al massimo ci sarà una marmellata pronta per fare una nuova crostata (a proposito di patti), alla faccia della novità. In fondo Renzi ce l’ha con D’Alema, ma almeno su questo sono assolutamente identici.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:51