
“Un momento di festa”, l’hanno definito i profughi siriani - in tutto 21 - che Papa Francesco ha portato in Italia dall’isola di Lesbo, facendoli ospitare a Roma dalla Comunità di Sant’Egidio, e che ieri ha voluto con sé a pranzo nella “sua” Casa Santa Marta. Ma anche un grande messaggio di pace e di speranza: “Così grande che non troviamo neppure le parole per esprimerlo”, ha detto al Pontefice, a nome di tutti, una degli ospiti, Suhila Ayiad.
All’inizio del pranzo, riferisce l’Osservatore Romano, il Papa ha pregato “per questa famiglia”, perché il Signore “ci dia la pace nella nostra terra”. Quindi ha avuto modo di ascoltare le drammatiche storie dei rifugiati, le loro impressionanti odissee fino a Lesbo, la loro richiesta di accoglienza nell’agognata Europa. Realizzatasi poi grazie al Papa e al suo esemplare gesto di generosità. Le famiglie accolte da Francesco sono cinque. Con loro ci sono anche tre persone, sempre siriane, che sperano di ricongiungersi preso ai loro cari. Tutti erano nel campo profughi dell’isola greca, già punto di accesso al Continente europeo per tanti in fuga dall’inferno della guerra civile.
Nel gruppo anche nove ragazzi e bambini. Diciannove i musulmani e due i cristiani: un siro-ortodosso e un cattolico. Il primo gruppo di tre famiglie, composto da 12 persone, tutte musulmane, è giunto in aereo con Francesco al termine della sua visita il 16 aprile. Il secondo gruppo, due famiglie e i tre “singoli”, tra cui i due cristiani, è arrivato due mesi dopo, il 16 giugno. Menù semplice, a base di pesce, servito su un tavolo a ferro di cavallo. Con le immancabili - per Papa Francesco - penne al pomodoro, e poi patatine fritte per i più piccoli. Seduti a tavola anche il sostituto della Segreteria di Stato, monsignor Angelo Becciu, il fondatore di Sant’Egidio Andrea Riccardi con altri membri della Comunità, il comandante della Gendarmeria, Domenico Giani, insieme a due gendarmi che hanno collaborato nel trasferimento delle famiglie da Lesbo in Italia.
Festoso lo scambio dei regali: al Papa è stato consegnato un album che raccoglie i disegni fatti dai bambini, raffigurazioni che raccontano “la bellezza di avere una casa” senza dimenticare “gli orrori della guerra”. “Sono in salvo” è una frase che ha profondamente commosso il Pontefice, con le immagini della Siria distrutta dalla violenza. Masa, otto anni e mezzo, ha disegnato il Papa come fosse una farfalla: perché, gli ha spiegato, “ci hai portati in salvo, verso la pace, sulle tue ali”. Anche Francesco aveva preparato giocattoli e altri doni per ciascun bambino. Consegnandoli personalmente, ha voluto ringraziare tutti per aver avuto fiducia in lui e nei suoi collaboratori.
“Siete venuti qui - ha affermato - senza sapere dove sareste andati”. Ha sottolineato inoltre di essere rimasto colpito dal clima di gioia in cui stanno vivendo queste famiglie, visibilmente confermato dalla irrefrenabile vivacità dei più piccoli: soprattutto Ahmad, nato il primo gennaio 2015, e Riad, che di anni ne ha poco più di due, hanno strappato più di una risata a Papa Bergoglio. Che ringraziando per la visita, durata circa un’ora e 40 minuti, ha chiesto di pregare per lui. I profughi siriani accolti da Francesco stanno continuando il loro percorso di inserimento: già parlano l’italiano e possono guardare, hanno confidato emozionati, “finalmente con speranza al domani”.
“La loro vita - ha fatto notare Daniela Pompei, responsabile del Servizio per i migranti di Sant’Egidio, presente al pranzo - è cambiata in poche ore. Insomma, niente a che vedere con la situazione precaria del campo profughi: non parliamo poi degli orrori lasciati alle spalle nell’inferno siriano, sia a Damasco che nei territori occupati dal cosiddetto Stato islamico, fino alla traversata in gommone dalla Turchia per arrivare a Lesbo”.
(*) Per gentile concessione dell’Ansa
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:57