
Per carità, che non fosse uno statista lo si capiva fin dall’inizio, che avesse compiuto un errore madornale scambiando un referendum costituzionale in una consultazione su se stesso ed il suo Governo, che avesse confuso il governo di una nazione (ottenuto, per giunta, per “grazia divina” e non tramite elezione) con l’amministrazione di un condominio era chiaro. Però dobbiamo ammettere che, almeno all’inizio dell’esperienza (più grande di lui), Matteo Renzi lasciava ben sperare: un centrosinistra giovane, “rottamatore”, idee nuove e una linea di rottura rispetto ad un vecchio modo di far politica che invece, almeno per chi scrive e con il passare dei giorni, dovrebbe essere sempre più rimpianto.
Nei giorni scorsi Renzi ci ha offerto l’incredibile avvicendamento dei direttori Rai, un pessimo ed evidente spettacolo dettato dalla mera presa del potere dell’informazione pubblica a discapito di una libertà di informazione che neanche ai tempi della “spartizione” delle reti Rai nella maltrattata Prima Repubblica era stata così violata.
Erdogan, in Turchia, almeno i giornalisti li arresta direttamente. “Erdorenzi”, invece, li rimuove dall’incarico ma ne conferma il lauto stipendio. La seconda, a differenza della prima, costituisce un’ingerenza/forzatura/controllo forse più elegante ma, in fondo, la sostanza non cambia. Anche perché, frottole e referendum d’autunno a parte, di fatto le reti Rai saranno controllate da Erdorenzi anche dopo il referendum, cioè almeno fino alle prossime elezioni politiche, sempre che qualcuno non si inventi un’altra alchimia per non far andare alle urne gli elettori. Ecco, anche il futuro è preoccupante: non solo la campagna referendaria.
Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 17:01