Dei poveri non si è mai curato nessuno, in particolare in Italia. Forse perché ritenuti “pochi”, forse perché costoro spesso non votano e non leggono i giornali, in quanto hanno problemi ben più seri a cui far fronte rispetto alle elucubrazioni dei politici.
Purtuttavia i dati ci dicono – e da tempo – che il numero della povertà assoluta è in aumento. In particolare nell’ormai sedicentemente ricco Nord-Italia. L’Istat infatti rileva che il 7,6 per cento degli italiani – pari a 4 milioni e seicentomila persone – è sotto la soglia di povertà assoluta e vive con meno di 800 euro al mese al Nord (ma posso assicurarvi che c’è chi vive con molto meno) e con meno di 500 euro al mese al Sud.
Notizie che ai politici italiani sembrano da sempre non interessare, impegnati a parlare di questioni che con le necessità dei cittadini non hanno nulla a che vedere, come ad esempio la più grande arma di distrazione di massa del momento: il referendum costituzionale. A costoro è sufficiente ritirare lo stipendio e avallare misure di austerità imposte in terra straniera. E favorire unicamente chi un lavoro già lo ha (come i fantomatici 80 euro renziani, sconto di imposte percepito solo da chi, appunto, già lavora) o è già sindacalizzato. Ai giovani, ai disoccupati, ai precari ed agli anziani (ai quali si sta sempre più tagliando l’accesso alla sanità pubblica gratuita) nessuna garanzia da sempre.
Del resto i governi della sinistra hanno favorito il capitalismo assoluto in favore di banche e imprese tanto quanto quelli della destra ed a discapito di lavoratori, precari, giovani e anziani. Lo abbiamo già scritto, peraltro, in diversi altri articoli. La ricetta seguita dai politici è stata più o meno la seguente: favorire tutte le politiche imposte dal Fondo monetario internazionale e dalla Banca centrale europea attraverso privatizzazioni selvagge; austerità; flessibilità del lavoro; rafforzamento delle élite e conseguente perdita di sovranità popolare; apertura indiscriminata delle frontiere e conseguente sfruttamento della manodopera straniera a basso costo; rafforzamento delle istituzioni europee a scapito delle diversità di ogni nazione e dei rispettivi popoli; politica estera invasiva nei confronti di Stati sovrani – che peraltro ha favorito il terrorismo internazionale come nel caso libico (ciò vale in particolare per la Gran Bretagna di Blair – colpevole peraltro di aver mentito al suo stesso popolo nella faccenda delle armi di distruzioni di massa in Iraq rivelatisi inesistenti – e per la Francia di Sarkozy e Hollande, rea non solo di aver barbaramente fatto uccidere Gheddafi, ma anche di sostenere Paesi legati al terrorismo come l’Arabia Saudita e di aver tentato di rovesciare il governo laico siriano di Assad).
E pensare, peraltro, che la Brexit era vista come una catastrofe sino a poco tempo fa ed invece pare che il pericolo sia scongiurato, al punto che i prezzi degli immobili inglesi si stanno riducendo e, chissà, magari un meno abbiente britannico potrà finalmente comperarsi una casa sul suolo di Sua Maestà Britannica, non più landa esclusiva per ricchi borghesi.
Ecco che, dunque, occorre semplicemente cambiare il paradigma e l’ottica dalla quale si guarda il mondo. Come uscire dalla crisi? Uscendo progressivamente dal sistema capitalistico-borghese; attraverso una politica della decrescita economica ed una crescita delle politiche in favore del sociale e dell’ambiente; attraverso il reddito universale di cittadinanza che permetta ai poveri di vivere dignitosamente; attraverso una sanità efficiente e gratuita ed alla quale hanno diritto tutti i cittadini per il solo fatto di essere degli esseri umani; attraverso l’abbandono del colonialismo e del neocolonialismo e l’abolizione del commercio di armi e piani di sviluppo per il Terzo Mondo che favoriscano le condizioni affinché gli attuali migranti – veri e propri deportati – trovino una opportunità di riscatto nella loro terra d’origine; attraverso la rinegoziazione e l’abolizione progressiva del debito con l’estero, che è matematicamente impagabile e serve solo ai Paesi ricchi ed ai ricchi borghesi per mantenere il potere sui poveri; attraverso l’autogestione delle imprese da parte di chi vi lavora.
Nessuna utopia, solo realtà di un mondo più giusto e più umano al quale nessun politico pensa, in quanto attento a favorire la ricca borghesia e le grandi imprese, affinché queste mantengano nell’ignoranza e nella povertà – ovvero nello stato di bisogno – la stragrande maggioranza della popolazione del Pianeta.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:51