Ritornare presto   allo “Spirito di Assisi”

Dalla Città della Pace una universale operazione verità per sconfessare il terrorismo religioso (un'Assisi delle religioni e dei media come risposta di verità al terrorismo islamista).

“Chi di spada ferisce di spada perisce” insegnava un Gesù affranto prima di essere tradito, catturato e messo a morte. Un ammonimento utile a capire come affrontare le sfide di un terrorismo 2.0 dalla forte impronta mediatica oltre che ciecamente spietato, sfrontatamente opportunista e culturalmente inconsistente. Chi si serve, con maestria e consolidata abilità, dei media per manifestare al mondo la propria ferocia, la propria determinazione, la propria invincibilità, il proprio falso credo non potrà che essere sconfessato e quindi sconfitto da una campagna di conoscenza: una campagna globale mediatica ed interreligiosa di verità.

A distanza di trent’anni corre l’obbligo di tornare a quello che fu lo “Spirito di Assisi” per sancire, finalmente ed in modo netto, chiaro, inequivocabile, una realtà indiscutibile per tutte le religioni e per chiunque abbia a cuore - da laico - le sorti del vivere civile. Una nuova Assisi, dunque, s’impone per proclamare in modo solenne un unico grande, immortale e semplice concetto: “Non esiste un Dio che voglia la morte dell’uomo. E dovunque alberghi violenza, terrore e guerra là non v’è nessun Dio”.

Un messaggio dirompente - come sanno esserlo solo le parole semplici - da comunicare porta a porta a tutti gli abitanti del pianeta: dai fedeli ai laici, dagli agnostici agli atei, dagli occidentali ai musulmani tutti. La banalità di un male tanto atroce quanto incomprensibile e immotivato non potrà che essere vinta da una collettiva presa di coscienza; dalla consapevolezza personale di una realtà universale a tutti i credo: “Dio è amore, non violenza né morte”.

Francesco, colui che per primo, con parole lucide e gravi, ha denunciato al mondo la presenza di una nuova guerra mondiale strisciante realizzata a pezzi, convochi nella città del Santo della Pace non solo tutti i capi religiosi come fu nel 1986 ma anche tutti i responsabili delle testate giornalistiche mondiali affinché ciascuno, per il ruolo strategico che ricopre, sia responsabilizzato a fare la propria parte in una decisiva campagna culturale e civile ancor prima che etica o religiosa. Ogni altra azione (il campo è lì a dimostrarlo da anni) rischierà di avere una reazione uguale e contraria; rischierà di seminare nuovo odio, altra disperazione, rinnovato risentimento, ulteriore fanatico “non senso”.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:52