
Radio Transatlantico ha intensificato le trasmissioni, ma le notizie sono tutt’altro che rassicuranti per la tenuta del Governo. A giudicare dalle agenzie degli ultimi giorni è evidente che Confindustria si fosse sintonizzata prima degli altri sugli umori della politica tanto da ipotizzare scenari di ingovernabilità per il Paese con le naturali ripercussioni di tipo economico. Ma agli industriali evidentemente le informazioni di prima mano non mancano.
Matteo Renzi in queste ore, terminata la luna di miele con l’elettorato, è nel momento di massima debolezza e più di qualcuno sta pensando di pugnalarlo alle spalle. Il primo fronte da cui deve guardarsi è quello interno e, se era ipotizzabile che la minoranza Pd aspettasse il momento opportuno per riprendersi il partito, non era prevedibile che i congiurati sedessero anche tra i banchi del Governo.
Ci riferiamo a Dario Franceschini il quale, alla vigilia della Direzione nazionale, avrebbe offerto a Piero Fassino la guida del Partito Democratico e l’appoggio per un colpo di mano all’interno del Pd da attuare non appena (molto presto) si creeranno le condizioni giuste. E le condizioni propizie si potrebbero verificare a valle del referendum costituzionale, fronte sul quale Renzi ha puntato tutto mettendo sul piatto le sue cariche ma anche la sua stessa permanenza in politica: il partito, ripescando vecchie carampane abili in intrighi come Massimo D’Alema, sta dando la netta impressione di non voler seguire il Premier nella campagna elettorale referendaria facendogli mancare i voti per vincere la partita ed inceppando la macchina propagandistica. Prova ne sia il fatto che, contrariamente alla consuetudine, il comitato referendario per il “Sì” non è infarcito dei soliti esponenti della macchina organizzativa democratica, ma di personaggi filo-renziani, a dimostrazione del fatto che il buon Matteo ha capito la musica e si è regolato di conseguenza. Una volta massacrato alle urne, la lapidazione nel Pd sarebbe un gioco da ragazzi così come la cacciata dal Governo del Paese.
Ma i guai arrivano anche dal centro: approfittando delle indagini giudiziarie che hanno tirato in ballo Angelino Alfano e famiglia - le quali rendono estremamente debole il custode dei voti centristi e forse l’unico in grado di ancorare Ncd a Renzi - le spinte degli ex forzisti che vedono la casa renziana bruciare e vogliono uscirne si sono fatte insistenti e palesi. Da Ncd sarebbero pronti a provocare una crisi di Governo staccando la spina prima che la situazione precipiti, compromettendo irrevocabilmente anche il loro destino politico. Ed i focolai per provocare il casus belli non mancano. La crisi porterebbe all’annientamento di Renzi ed i rumors devono essere sicuramente giunti fino al San Raffaele di Milano, ove si è con tutta probabilità considerato che l’attuale Premier non è il peggior nemico delle aziende di famiglia a tal punto da spingere Confalonieri a caldeggiare l’appoggio forzista in favore dell’attuale Premier per vedere l’effetto che fa.
D’altronde l’alternativa al renzismo sarebbe l’ingovernabilità o addirittura un governo ostile, eventualità che spaventa molto gli ambienti Mediaset che con Renzi hanno un buon rapporto. Radio Transatlantico mormora di un Presidente del Consiglio pronto a reagire blindando Alfano e minacciando le urne che tanto spaventano i centristi. Ciò con l’unico scopo di prendere tempo fino a settembre, periodo in cui vorrebbe tentare il colpo ad effetto delle dimissioni prima del referendum, sottraendosi con le elezioni ai vari fronti che lo cingono d’assedio.
Le incognite sono tante, a partire dal parere del Presidente Sergio Mattarella che gradirebbe uno sbocco parlamentare della crisi con un Governo di coalizione targato Partito Democratico-Forza Italia. Ciò terrebbe in vita sicuramente la legislatura, ma frustrerebbe le velleità renziane di utilizzare l’onda lunga delle dimissioni tenendolo invece a bagnomaria per troppi mesi. D’altronde, se Mattarella decidesse di sciogliere le Camere e se il centrodestra ed il Pd riuscissero a tenere botta, ci sarebbe il problema della doppia legge elettorale (Italicum alla Camera e Consultellum al Senato) che restituirebbe un Parlamento disomogeneo e con maggioranze diverse nei due rami, spingendo di fatto a cercare ugualmente le larghe intese di cui sopra. La politica è in un vicolo cieco e si sente giustamente minacciata dal vento grillino.
Tutte le ipotesi portano alle grandi coalizioni (leggasi guazzabugli inguardabili) al cospetto delle quali il monolite pentastellato, pur essendo povero nei contenuti, giganteggia facendo sfigurare i partiti tradizionali alle prese con le solite ammucchiate. L’appuntamento con la disfatta del vecchio blocco di potere è solo rimandato e questo tirare a campare della politica che arranca dilaterà solo nel tempo il trionfo grillino.
Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 16:19