Così come sono, servono ancora?

Viene da chiedersi, ma i mastodontici sindacati Cgil, Cisl e Uil, per come sono e per come funzionano, servono ancora? Meglio, servono ancora così? La domanda oltre che lecita è indifferibile, perché se è vero cha da anni e anni la politica ha perso gran parte della fiducia degli italiani - e l’astensionismo crescente lo dimostra - anche i sindacati hanno perso tanto. La testimonianza plastica dell’evaporazione di una larga fetta di potere contrattuale non sta solo nel fatto che da più di vent’anni si sono moltiplicate le sigle di rappresentanze autonome rispetto alla cosiddetta “triplice”, ma soprattutto nella evidenza dei risultati. Sia chiaro da subito, anche per evitare le solite sciocche e strumentali interpretazioni di ragionamenti, che ben altro vogliono dire, qui nessuno e nemmeno per idea mette in dubbio la necessità della presenza sindacale; anzi, proprio perché la riteniamo fondamentale ci poniamo e vi poniamo questa riflessione.

In Italia la storia del sindacato, pur circondata da straordinari successi che hanno segnato la vittoria del diritto e dei diritti dei lavoratori complessivamente intesi, non è stata priva di errori clamorosi che non poco hanno inciso in termini di sviluppo e di costi sociali. Inutile fare elenchi perché non è questo il motivo del contendere e soprattutto perché lo sbaglio è nella natura umana comunque rappresentata, dunque nessuno può ritenersi infallibile. Però se è vero che niente è infallibile è altrettanto vero che tutto è correggibile, migliorabile, adattabile alle nuove esigenze.

E già qui nasce il primo problema, che per noi ha caratterizzato specialmente in questi ultimi anni il comportamento dei tre giganti sindacali nostrani. Mentre cioè la società cambiava, l’economia mutava fisionomia, il mondo del lavoro sempre più velocemente, per scelta o per obbligo, si adattava alle nuove realtà, Cgil, Cisl e Uil sono rimaste piuttosto ferme ad uno stile sindacale superato e per questo destinato a perdere di efficacia. Del resto non crediamo che sia un caso, sia la progressiva perdita di iscritti rispetto ai risultati storici e sia la perdita di potere contrattuale nei riguardi delle scelte dei governi, in particolare degli ultimi. Ora non volendo fare i professori nel fornire consigli e suggerimenti su quanto sarebbe indispensabile che nel sindacato si aprisse una seria riflessione sull’argomento, ci limiteremo all’analisi dei fatti, almeno a quelli più vicino nel tempo. Infatti, a partire dall’accettazione durante il Governo Monti di una legge, la cosiddetta Fornero, che per esclusivi motivi di cassa ha fatto strame non solo delle aspettative consolidate ma di un patto legittimo fra Stato e contribuenti, i sindacati non ne hanno azzeccata una. Allora nel Governo Monti non si trattava, infatti, di essere contro un’ulteriore e ragionevole modifica della legge sulle pensioni, ma di essere contro con tutta la forza possibile e immaginabile ad una legge che in un attimo cancellava e violentava diritti e aspettative pagati con il sudore e con il lavoro di decenni. Inutile dire che quel provvedimento per come era non sarebbe mai dovuto passare, sia in punta di diritto e sia per giustizia sociale, soprattutto perché vergognosamente non accompagnato da interventi draconiani sulle pensioni d’oro e sui vitalizi parlamentari.

La triplice, allora sì, che avrebbe dovuto bloccare l’Italia, portandola se necessario a uno sciopero continuativo fino all’ottenimento di giustizia e non si tiri in ballo il senso dello Stato quando si tratta di difendere i diritti di chi rappresenta l’essenza stessa dello Stato e cioè i cittadini. Fatto sta che da quel momento, da quando fu approvata la devastante Legge Fornero, per i sindacati storici si è inanellata una serie di flop clamorosi che poi con il Governo Renzi hanno raggiunto l’incredibile. Non ci riferiamo solamente al silenzio verso agli atteggiamenti del Premier nei loro confronti, che in molti casi ha sfiorato la derisione e la non considerazione, ma al Jobs Act, al bonus degli 80 Euro e ad una quantità di blocchi contrattuali disattesi. Insomma, una serie di sconfitte che la dicono lunga sulla necessità di rivedere a fondo strategie, organizzazione e recupero di capacità contrattuale. Come se non bastasse ed a proposito della Legge Fornero è di queste ore la notizia di un tavolo con Cgil, Cisl e Uil sulla proposta del Governo della flessibilità in uscita, che solamente a sentirla fa drizzare i capelli per cervelloticità e complicazione di calcolo. Bene, anzi male, la proposta del Governo a correzione della sciagurata legge se possibile è ancora più sciagurata, tanto da non meritare nemmeno l’apertura di un confronto. Un confronto, infatti, si apre non solo se esistono le precondizioni, ma se le ipotesi in campo partono dal rispetto del buon senso e dei diritti.

A tale proposito la flessibilità che il Governo Renzi vorrebbe introdurre è qualche cosa che grida vergogna ad ogni cospetto, non solo perché muta un diritto in un rateo di ammortamento, non solo perché obbliga la gente a passare per le banche, ma perché viene meno ad un patto di fiducia che si instaura fra contraenti. È evidente che in questo caso i contraenti non possono che essere gli stessi firmatari e cioè da una parte i cittadini che hanno versato e dall’altra l’Inps che ha incassato; introdurre un terzo per obbligo è semplicemente assurdo. Non solo assurdo, ma particolarmente opaco, se dall’altra parte spunta il sistema bancario con l’unico scopo di farlo lavorare e guadagnare sulla pelle della gente. In buona sostanza, la trattativa sulla flessibilità in uscita per l’enorme importanza che riveste può davvero essere la prova del nove sull’utilità di un sindacato per come è oggi. Per questo Cgil, Cisl e Uil sono chiamate ad un compito definitivo sulla posizione da prendere e sulla capacità rappresentativa: imporre al Governo una flessibilità onesta e sacrosanta sulla base della proposta Damiano potrà davvero significare il senso della vicinanza o meno alle ragioni di chi li ha delegati.

P.S. - Volutamente abbiamo omesso di trattare la falsità di un costo di oltre dieci miliardi di Euro e della mancanza di risorse statali che, al contrario, per tutto si trovano e si sono trovate. Abbiate fiducia, ci ritorneremo sopra.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:52