Da lunedì prossimo   si torna a casa

Da lunedì prossimo l’autobus di Renzi, Lotti, Boschi e compagnia prenderà la prima uscita per iniziare il percorso di ritorno a casa. Insomma, più che la “svolta buona” sarà la “svolta ovvia”.

Non stiamo facendo un pronostico becero e azzardato, ma un semplice e conseguente esercizio di buon senso e di obiettività. Del resto, che i risultati dei ballottaggi si annuncino molto foschi per il Premier non lo dicono solo i sondaggi, che pure contano, ma più significativamente i sentimenti della gente italiana da Nord a Sud. Al netto di tutto ciò, quello che veramente colpisce è come sia stato possibile che in due anni e mezzo nessuno, ma proprio nessuno dei personaggi più vicini a Renzi, abbia avuto la forza e la capacità di farlo ragionare. Colpisce al punto tale da far pensare come mai nella nostra storia ci sia stata una squadra di governo tanto unita, nel senso di onnipotenza e di autoreferenzialità. È vero che chi si somiglia si piglia, ma tutto ha un limite e il fatto che nessuno abbia capito la necessità di fare scelte, provvedimenti, interventi diversi, rispetto a quelli voluti da Renzi è stupefacente. È stupefacente che tutti abbiano creduto alla mossa degli 80 Euro, dei bonus, del Jobs Act, della riforma Madia, dell’Imu e della ciliegina Boschi sulla Costituzione abbinata all’Italicum. Altrettanto incredibile che nessuno abbia fatto ragionare Renzi sulla indispensabilità di un maggiore aplomb, di una minore arroganza, della inutilità di promesse a vanvera e del rischio che troppe sbrasate avrebbero solo indispettito il resto del mondo.

Qui, infatti, non si è trattato di essere rottamatori di un pessimo stile politico, che indubbiamente va estirpato, ma gli emuli del Re Sole e dell’identificazione con lo Stato. Una identificazione tanto evidente quanto improvvida, specialmente da parte di chi si era presentato contro gli inciuci, contro le lottizzazioni, contro i transfughi, contro gli amici del quartierino. Insomma, per volerla fare breve, abbiamo assistito a un Premier e un Governo che, in due anni e mezzo, ha predicato bene e razzolato male. Male sulla Legge Fornero, che Europa o non Europa andava aggiustata subito, male sugli 80 Euro che andavano dati ai bisognosi e non agli impiegati pubblici, male sul Jobs Act che, alla fine, nel rapporto costi benefici sarà perdente. Come se non bastasse, sul tema fiscale ancora peggio, infatti, Renzi anziché procedere ad uno straordinario piano di pacificazione fiscale fra contribuenti e Stato, ha finito per aizzare sempre di più Equitalia contro i cittadini. Va da sé che poco conti poi prendersela con “Striscia la notizia” o con i talk-show che testimoniano abusi e soprusi sulla gente, se si pensa alla voluntary disclosure per i milionari con i conti all’estero, senza proporre una sanatoria ragionevole per tutti i poveri cristi in lotta con il fisco.

Insomma, per dirla tutta, la famosa frase “Enrico stai sereno”, più che una scivolata si è dimostrata una vera e propria profezia sul modo di intendere e di volere del Premier e dei suoi uomini. Del resto cosa dire di chi è contro gli inciuci e se ne nutre a mani basse, contro le lottizzazioni e occupa militarmente la Rai, contro i transfughi e li accoglie con ostriche e champagne? Ecco perché diciamo che l’autobus di Renzi da lunedì prenderà la strada del ritorno a casa e che l’esito dei ballottaggi più che una gufata sarà una scontatezza. Quello dell’autobus renziano sarà un percorso obbligato che terminerà al casello del referendum di ottobre sulla Costituzione, perché sarà proprio in quel punto e in quel posto che la benzina finirà del tutto.

In fondo, cari amici, la storia insegna che da sempre l’arroganza è partita a cavallo ed è tornata a piedi, una verità assoluta che il Governo ha saputo plasticamente testimoniare. I nodi arrivano al pettine non si sfugge e anche in questo caso sarà così. Per questo da lunedì gli italiani timbreranno il biglietto di ritorno di un autobus che in realtà non sarebbe mai dovuto partire.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:59