I giudici vogliono azzittire S. Marino Rtv

Scontro senza precedenti tra i giornalisti della San Marino Rtv e il Consiglio giudiziario della Repubblica del Monte Titano, l’equivalente del Csm italiano. Motivo del contrasto è il più importante procedimento giudiziario della storia sanmarinese, il “processo Mazzini”, che riguarda la presunta tangentopoli del piccolo Stato; in sostanza un processo ad una intera stagione politica.

I giornalisti della televisione pubblica sono anch’essi finiti sul banco degli imputati da parte del Consiglio Giudiziario, udite! udite!, per aver legittimamente dato la possibilità ai difensori degli imputati di esprimere le loro tesi difensive in una fase del procedimento ormai pubblica ed in cui i teoremi accusatori, attraverso i testimoni, passano all’esame degli avvocati che, ricordiamolo sempre, nell’esercizio del diritto inviolabile alla difesa, su di essi si esprimono per far rispettare le regole del giusto processo attraverso l’esame, l’esplorazione e la verifica dei fatti che conducono a sentenza.

A fronte di questo richiamo all’obiettività e correttezza dell’informazione da parte del Consiglio Giudiziario Plenario, i giornalisti della San Marino Rtv denunciano le continue fughe di notizie avvenute, con canovaccio ormai noto anche in Italia, nella fase istruttoria. Materiale pubblicato in continuazione da giornali notoriamente vicini ai magistrati con ovvio massacro a mezzo stampa degli imputati coinvolti in questo che ha tutti i connotati per diventare un altro processo esemplare. Dopo aver registrato che nella fase dibattimentale (ripetiamolo, pubblica, al contrario di quella delle indagini preliminari) i redattori della tivù pubblica intervistavano gli avvocati difensori degli imputati, dando voce ai tutti i protagonisti del processo, il Consiglio Giudiziario ha emesso un documento per invocare “una informazione quanto più obiettiva e corretta”. Vista l’indisponibilità dei magistrati alle interviste (a San Marino la magistratura non parla) è di tutta evidenza che si tratti e che sia apparso come una intimazione rivolta ai giornalisti televisivi di non dare spazio alle ragioni della difesa che proprio in sede dibattimentale ha iniziato a ridimensionare se non a mostrare le evidenti falle dell’intero impianto accusatorio. Ed è evidente che, come fanno notare i giornalisti di Rtv, “la magistratura gradisce che alcuni media pubblichino parte delle disposizioni degli organi ausiliari del giudice nella fase inquirente”.

È ipotizzabile che lo spazio mediatico dato alle ragioni dei difensori possa aver suscitato l’irritazione di chi nella fase istruttoria ha avuto il monopolio dell’informazione? L’interrogativo pare più che legittimo visto che nella lunga fase delle indagini preliminari solo alcuni organi di stampa hanno di fatto dato voce alle tesi accusatorie pubblicando le ordinanze con le motivazioni sulle ipotesi di reato prima ancora che gli atti venissero depositati e i difensori ne fossero messi a conoscenza. Tanto più che proprio da questi organi di stampa è partito un duro attacco al direttore generale di San Marino Rtv, Carlo Romeo, in cui si è chiesta addirittura la sua rimozione. Romeo si è difeso rivendicando la piena adesione dell’attività della San Marino Rtv ai principi della completezza e correttezza dell’informazione e ha ricordato che l’emittente ha inserito sul suo sito Internet le registrazioni integrali di tutte le fasi dibattimentali, senza alcuna intermediazione giornalistica.

“Al momento – ha spiegato Romeo – non possiamo obbligare a parlare con i nostri colleghi quei magistrati e quegli avvocati che non hanno intenzione di essere intervistati. La San Marino Rtv chiederà pertanto un’audizione al Consiglio giudiziario plenario per sapere e capire di più. Inoltre ci rivolgeremo anche noi all’Authority dell’informazione per tutelare le professionalità che operano all’interno della Televisione di Stato”.

La vicenda è lontana da una sua conclusione, ma già conferma come anche nella Repubblica di San Marino stia attecchendo la deriva in cui anche in Italia sono scivolati i rapporti tra informazione e giustizia, la sostanziale e costante violazione del divieto di pubblicazione del materiale istruttorio fino alla deposizione degli atti ed una malata visione del procedimento che il sodalizio tra media e Procure identifica esclusivamente nelle indagini preliminari, ossia nella fase in cui le tesi accusatorie dominano incontrastate l’informazione. Violando diritti e garanzie processuali (giusto processo, presunzione di non colpevolezza, verginità cognitiva del giudice) previste dalla Costituzione, dalla Cedu e dai trattati internazionali sottoscritti dal nostro Paese.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:58