
Non guarirà mai, non guarirà più, per Matteo Renzi la voglia di travisare, girare la frittata, insistere sull’effetto illusione è più forte di lui, anzi, per certi versi è lui. Il Premier, del resto, ha fatto di questa sua caratteristica un cavallo di battaglia ed evidentemente si è circondato di persone che la condividono con lui, perché altrimenti qualche attenuazione del fenomeno si sarebbe dovuta vedere. Al contrario, non solo nulla si vede, ma se possibile peggiora e non passa giorno che non si ascolti qualche nuova trionfale promessa, con un’interpretazione della realtà che lascia stupefatti.
Eppure in tanti, tantissimi, abbiamo cercato con ogni mezzo, dal più duro e critico al più morbido e conciliante, di far presente al primo ministro che così funziona male, specialmente in un Paese come il nostro che sta messo come sta messo. Tanto è vero che i risultati, purtroppo negativi, si vedono, le previsioni sono regolarmente disattese, gli ammonimenti dell’Europa aumentano, il disagio sociale cresce, la protesta e la disaffezione politica della gente è sempre più evidente.
Dunque, siamo alle solite e anche il risultato del confronto con l’Unione europea, per la concessione di flessibilità sui conti, viene annunciato come uno straordinario successo a testimonianza di una salute economica italiana che tutto è fuorché di ferro. Non è di ferro perché l’Europa ci ha nuovamente rimproverato un debito enorme e crescente, perché la flessibilità concessa è minore di quella richiesta, perché le previsioni sulla crescita, per l’ennesima volta, sono state ridotte. Come se non bastasse, ci è stata imposta la conferma delle clausole di salvaguardia (aumento Iva o equivalente) a garanzia dello sbilancio nei conti, che tende ad allargarsi piuttosto che a ridursi.
Al netto di tutto ciò il risultato finale è che, per il 2017, mancano all’appello, per far quadrare il saldo, tra i dieci e i venti miliardi di Euro, a seconda se si consideri lo scenario migliore o quello peggiore. Ovviamente lo scenario, diciamo positivo, sarebbe la crescita del Pil dell’uno virgola cinque per cento, quello contrario una crescita dell’uno per cento o qualcosa meno. Insomma, comunque vada saremo costretti a correggere i conti con un aggiustamento che, inevitabilmente, si tradurrà in maggiori entrate (tasse), o in minori uscite (tagli) e bene che vada, sia nel primo che nel secondo caso, saranno sacrifici seppure camuffati.
Eppure, nonostante ciò, Governo e Premier suonano la grancassa del trionfo, dicono a chi deve dire di fare altrettanto, sbandierano ottimismo come se questo bastasse a risolvere i guai. Per carità, gente allegra Dio l’aiuta, ma che sia altrettanto chiaro, dello “state sereni” che tutto va bene di Renzi, francamente non ci fidiamo più. Oltretutto, con l’approssimarsi delle amministrative e soprattutto del referendum costituzionale, il livello dello “state sereni” salirà in orbita, per questo sarà bene vigilare e non farsi alludere.
La verità è che il Paese fa una fatica bestiale a riprendersi, che la crescita è un niente rispetto a quel che servirebbe, che lo sfascio del sistema è molto più profondo di quanto non appaia. L’apparato pubblico funziona poco e male, i servizi ai cittadini peggiorano, i conflitti di ogni tipo aumentano e, dulcis in fundo, gli scandali oramai sono un fiume in piena che devasta la pazienza degli italiani. Ecco perché anziché fanfaluche servirebbe un po’ di pace, un po’ di fiato da offrire ai cittadini. Parliamo di pace fiscale, amministrativa, burocratica, sociale. Ecco perché senza il ripristino immediato di un patto di fiducia fra Stato e contribuenti, cittadini e amministrazione, elettori e politica, non c’è illusione che tenga e sogno che funzioni. Da quel sogno, caro Renzi, gli italiani si sono risvegliati da tempo e, guardandosi intorno e nelle tasche, hanno riscontrato solo tasse e disservizi, cartelle e sacrifici, malapolitica e malaffare. Per questo le sue chiacchiere, come quelle di tanti altri, oramai stanno a zero.
Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 17:13