L’Italia s’è fermata al... Brennero

C’è un caso “Brennero” sul quale Governo e circo mediatico nicchiano. Ma per quanto ancora? Il Governo di Vienna da tempo avverte Roma che è sua intenzione irrigidire i controlli alla frontiera per evitare l’arrivo dall’Italia degli immigrati clandestini. Le autorità austriache stimano che vi sia, nei prossimi mesi, un rischio d’invasione di oltre 300mila persone. Si tratta di un numero d’ingressi che il Paese non può sostenere. Ieri è giunta a Roma la ministra austriaca dell’Interno, Johanna Mikl-Leitner, a spiegarlo al suo omologo Angelino Alfano.

I nostri governanti rispondono continuando a battere sul tasto sbagliato: il dovere di solidarietà tra partner dell’Unione. Proprio non vogliono rendersi conto che non si può fare come a scuola: tirare una riga sulla lavagna e segnare i buoni da una parte e i cattivi dall’altra. Non esiste un’Europa matrigna che non sa ascoltare la voce della misericordia italiana. Altrove da noi vi sono soltanto buon senso e pragmatismo che hanno preso il sopravvento sulle pur comprensibili tentazioni compassionevoli. Soprattutto, si è sollevato un fresco refolo di riaffermazione identitaria che prima sembrava scomparso dalla Rosa dei Venti europei. Altrove da noi la questione della sostenibilità sociale, particolarmente di fenomeni a dimensione epocale, è cosa seria. Quando un Paese ritiene che sia stata raggiunta la soglia oltre la quale si rischia di compromettere la stabilità delle comunità autoctone, ferma gli ingressi. Punto. Cosa c’è di sbagliato in questo?

I guaiti dei nostri rappresentanti non servono a niente, non cambiano le cose. Il sottosegretario all’Interno, Filippo Bubbico minaccia: “Se l’Austria non vuole condividere le decisioni europee è un problema che riguarda l’Austria. Noi non dobbiamo rendere conto a nessuno”. E con questo? Il fuciletto ad aria della sua retorica spara bolle di sapone. Non se lo vogliono proprio ficcare in testa gli inquilini di Palazzo Chigi e del Viminale che il problema lo si risolve a monte, impedendo le partenze dei clandestini. Se si continua a fare i prodighi, si verrà tagliati fuori dal resto del Continente con conseguenze disastrose per gli interessi economici nazionali.

Si sono chiesti Renzi e Alfano cosa accadrebbe alle nostre merci se la catena del trasporto dovesse subire un pesante rallentamento nel transito alle frontiere? Si pensi alla crisi del comparto agroalimentare. Già si fa fatica a vendere all’estero il prodotto fresco italiano, se poi si permette che marcisca nei Tir a causa del maggiore tempo che dovrà impiegare per raggiungere i mercati del nord Europa, chi lo compra più? E poi se gli altri non li prendono, ce li dobbiamo tenere tutti noi i clandestini? Ma lo odiano così tanto questo nostro sventurato Paese da volerlo vedere ridotto a un’immensa pattumiera?

Il Papa fa lo splendido decidendo di andare di persona nel mare Egeo a dare il benvenuto agli immigrati e l’Italia e la Grecia pagano il conto della sua sparata. Cosa penserà il poveraccio dell’Africa equatoriale vedendo che c’è un luogo dove il capo religioso non di una tribù ma di tutta la cristianità viene a dare il benvenuto? È normale che gli venga voglia di raccogliere qualche straccio e di mettersi in viaggio. Pazienza se invece dell’Eldorado troverà la morte per strada o in mare, se gli costerà una somma di denaro superiore al valore della sua stessa vita, se verrà violentato e schiavizzato dai trafficanti di carne umana. L’importante sarà riuscire a vedere il tricolore e allora sarà fatta. Si può pensare di poter continuare a illudere così tanta umanità disperata? Chi è più crudele? Quello che dice: non vi possiamo accogliere tutti perché non ce la facciamo a sostenervi ma vi diamo una mano per migliorarvi a casa vostra o chi ripete allo sfinimento: “Avanti c’è posto!”, come il mitico bigliettaio Aldo Fabrizi dell’omonimo film. Avanti c’è posto, che si va tutti a fondo!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:58