La guerra dei vent’anni cambierà noi europei

L’Europa si sta dimostrando un flaccido corpo deforme. Braccia e gambe rachitiche, ed un enorme capo brachicefalo, in grado di pensare unicamente a strategie finanziarie e politica bancaria. Questo mostro ha comunque la forza d’imporre le proprie regole, di comminare multe e condanne in grado di mettere in mutande gli ex Stati sovrani. Questi ultimi, ormai mutilati nelle scelte di politica nazionale, restano inviluppati in questo abbraccio. Una sorta di danza macabra, tristemente nota come politica unica.

I risultati sono sotto occhi di tutti: povertà diffusa, ascensore sociale bloccato, Stati non in grado di piegare cittadini e imprese alle bislacche normative Ue, invasione di extracomunitari senza precedenti e, dulcis in fundo, cittadini esposti agli attentati terroristici. In tutto questo marasma il Belpaese può definirsi fortunato: per un verso è schiacciato da un iperbolico debito pubblico a cui si sommano multe Ue per importi stratosferici (sarebbe meglio riderci sopra e non pagarne nemmeno una), dall’altro la sua situazione politica lo pone al riparo da qualsivoglia appetito terroristico. Infatti l’obiettivo degli attentatori può essere solo il Paese ricco, cuore nevralgico delle strategie europee, appunto il Belgio. Quest’ultimo, colpito anche come reazione all’arresto di Salah Abdeslam: reazione logica e scontata, per un’entità terroristica vigono comunque quelle regole semplificate che gli Stati democratici e moderni del Vecchio Continente hanno archiviato con il tramonto degli Imperi centrali. Per l’entità eversiva ad ogni azione corrisponde una reazione, diversamente un Stato democratico prima di aprire una belligeranza scatena armi diplomatiche, minaccia embarghi e contingentamenti di risorse economiche.

Quindi la reazione dell’Isis all’arresto di Salah era prevedibile. Come prevedibile che uno Stato come il Belgio non possa riuscire a fronteggiare la guerra che si sta combattendo sul proprio territorio. Del resto lo Stato democratico moderno ed europeo ha le mani legate sull’uso delle metodiche interne atte a sconfiggere un nemico dalle regole ferree, semplificate e primitive. Guerra persa? Per molti aspetti è così. Perché questa belligeranza occuperà, e secondo non pochi osservatori, i prossimi vent’anni della nostra esistenza, riducendo la Vecchia Europa alle stesse condizioni sociali in cui ebbe a sospingerla la guerra dei Trent’anni.

Le similitudini ci sono tutte, la guerra dei Trent’anni generava la serie di conflitti armati che dilaniarono l’Europa centrale tra il 1618 e il 1648. Una delle guerre più lunghe e distruttive della storia europea. Iniziata anch’essa, come la moderna strategia dell’Isis, per motivi religiosi: soltanto che all’epoca venne giocata tra Stati protestanti e cattolici, sulla scia di un ancor non concluso conflitto tra le varie componenti del vecchio Sacro Romano Impero. Progressivamente si sviluppò in un conflitto più generale che coinvolse la maggior parte delle grandi potenze europee, perdendo sempre di più la connotazione religiosa e inquadrandosi meglio nella continuazione della rivalità franco-asburgica per l’egemonia sulla scena europea.

Oggi l’egemonia occidentale viene messa in discussione da molti. Al punto che gli Usa si dissociano da parecchi aspetti della politica Ue. L’Europa ha un formidabile nocciolo economico (i suoi Stati centrali) ed una periferia debole economicamente e permeabile alle invasioni: la vicenda delle migrazioni è l’esempio immediato.

Di fatto l’attentato in Belgio sta accelerando la blindatura degli Stati ricchi, che tra loro manterranno il libero scambio di uomini e merci come previsto da Schengen. Mentre per le zone povere dell’Europa orientale e mediterranea torneranno a breve non poche restrizioni: ovviamente si dirà che si tratta di “politiche momentanee” atte a contenere l’emergenza eversiva. Nei fatti l’Ue che abbiamo sognato, sperato, assaggiato, non esiste più. Viene archiviata quella parentesi che tra il 1990 ed il 2000 ha permesso a molti di migrare e realizzarsi professionalmente.

Rimane l’Europa del rigore nei conti, delle banche, ad essa s’associa quella dell’esclusione sociale, della diffidenza. Un povero italiano ed un migrante siriano ormai pari sono, entrambi devono obtorto collo accettare supinamente un percorso d’esclusione sociale.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:01