
“Come tutte le stelle, anche le Cinque Stelle dei grillini devono appartenere ad una costellazione. Già, ma quale? Il problema non è però difficile da risolvere. Infatti, se con una Rete si catturano alcune migliaia di aderenti e poi milioni di voti, la costellazione non può che essere quella dei pesci”.
La crescita, per ora vorticosa, del Movimento Cinque Stelle, non indica affatto l’improvviso risveglio della coscienza collettiva italiana di fronte alla pochezza della classe politica attuale e alla corruzione di cui soffriamo. Certamente alcune anime tenere del movimento sono spinte dalla volontà di contribuire al bene comune, ma la grande maggioranza degli aderenti telematici, e degli stessi deputati e senatori, è più probabilmente caratterizzata da pure e semplici motivazioni di protesta. Una protesta, però, che ora sta facendo i conti con la politica effettiva, coi suoi riti e i suoi tranelli, le sue cordate e i suoi compromessi. Davanti a tutto questo, il novanta per cento dei parlamentari grillini sembra sgomento e non sa cosa dire o fare, muti proprio come pesci, a parte qualche manifestazione a Montecitorio o a Palazzo Madama, con tanto di cartelli, come fossero in piazza o, appunto, in qualche forum di Internet.
Come ho già scritto su queste colonne (Un caso da manuale, 12 dicembre 2014) il destino del movimento è segnato. Come insegna la teoria politologica, ogni movimento di questo genere, dopo lo “stato nascente”, è inesorabilmente costretto a sviluppare una élite interna (e questa, in fondo, c’è già se si pensa all’attivismo di alcuni di loro, sempre presenti nei mass media); poi viene il momento della formazione di una o più minoranze (e anche di questo si iniziano a vedere i primi segni anche se, per ora, limitati a casi politici specifici); infine è tenuto a prendere la forma, ineluttabile, del partito, con tanto di statuto, leader, congressi, sezioni e rispondere così compiutamente alle indicazioni dell’articolo 49 della nostra Costituzione che sottolinea come i partiti devono “concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Già, democratico. Però, ad oggi, di democratico nel movimento in questione non si vede proprio nulla e, anzi, esso manifesta apertamente, senza pudore, la propria natura duocratica, cioè la dipendenza da due personaggi i quali, senza alcuna responsabilità parlamentare diretta, sembra decidano tutto, magari con con la patetica consultazione della Rete, il nuovo Dio nascosto ma onnisciente che infonde luce e saggezza ai suoi sacerdoti.
È una ben triste situazione. Ma anche pericolosa perché se malauguratamente il movimento vincesse le elezioni politiche nelle condizioni in cui per ora si trova, non sapremmo davvero in che mani ci saremmo messi. Assisteremmo, ma, a dire il vero, subiremmo decisioni prese da una diarchia ben poco rassicurante, con un Beppe Grillo che non fa che urlare e un Gianroberto Casaleggio sornione e silenzioso, e approvate da una massa di deputati e senatori che, al di là del saper digitare sulla tastiera di un computer per attaccare questo e quello, pare non sappiano esprimere alcunché di rilevante. Ma non è detto che vada così. I milioni di intenzioni di voto dei sondaggi attuali non garantiscono affatto che, poi, si trasformino tutti in voti. Anche le classi medie amano protestare quando non c’è di mezzo l’azione politica effettiva. Ma alla fine sanno anche riflettere ed evitare il peggio. L’azienda di Casaleggio, non a caso, si occupa di Stragie di Rete e non c’è dubbio che l’operazione Cinque Stelle abbia avuto successo. Tuttavia, per andare più in là, i pesci che hanno abboccato non sono sufficienti e inoltre cominciano a guizzare di qui e di là. Per la loro ulteriore moltiplicazione occorrerebbero capacità taumaturgiche che un esperto di e-commerce di sicuro non possiede.
Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 17:22