La Cosa Blu, manovra a destra in 5 punti

Nel piccolo mondo antico della destra intellettuale italiana qualcosa si muove. Ad animare il plumbeo clima di questo marzo freddo e piovoso ci pensa Lorenzo Castellani, un giovanotto assai sveglio che si muove con elegante disinvoltura tra le austere stanze del King’s College di Londra, dove lavora come Research Associate, e i salotti della buona società nostrana che frequenta sponsorizzando la sua creatura politica: “La Cosa Blu”. Un gramsciano di lui direbbe: teoria e prassi. L’aspirante cattedratico è convinto che la destra italiana abbia un futuro solo se troverà in sé la forza di discutere cominciando dal mettere sotto esame l’odierna condizione della democrazia in Occidente. Come un chirurgo con il suo bisturi, Castellani, che non disdegna la passione per la politica “on the road”, si prepara a incidere in corpore vivo il ventre dell’illustre ammalata: la destra liberale italiana. Senza anestesia. Presto il suo ultimo lavoro scientifico sarà in libreria: “Il Potere Vuoto”, edito da Guerini e Associati, prefazione di Marco Valerio Lo Prete. Intanto, il prossimo 19 marzo a Milano, presso la sala Lunigiana (via Copernico, 38), dalle 14,30 alle 19,30, farà gli onori di casa agli ospiti di “Ritorno al Futuro”, il nuovo meeting de “La Cosa Blu”. I partecipanti si confronteranno sul tema-proposta: “Cinque punti per ribaltare la piramide delle rendite e delle corporazioni”. Nell’attesa di valutare gli esiti di tanto sano attivismo, lo abbiamo incontrato per compiere con lui un giro d’orizzonte su alcuni temi dell’attualità politica. E non solo. Ecco cosa ci ha detto.

Donald Trump, che sta sbaragliando gli avversari alle primarie repubblicane per la Casa Bianca, non piace all’establishment del Gop ma riscuote grande consenso presso gli elettori. Qual è il suo giudizio sull’”anomalia Trump”?

Trump è una risposta alla rabbia e alle paure della classe media americana. Oltre ad essere dotato di una storia e di un carisma personale molto forti ha capito che nell’America profonda esisteva un senso di riscatto e rivolta verso il politicamente corretto che andava intercettata ed interpretata. Nel secolo, il ventunesimo, in cui le leadership prive di ideologia sono tornate a farla da padrone l’operazione sta avendo successo.

Personaggio istrionico nella comunicazione ma pragmatico nella ricerca del profitto, Trump viene considerato un campione dell’antipolitica, più simile a Grillo che a Berlusconi. Condivide?

Condivido, direi che per storia e carisma è più simile al Cavaliere, ma nei messaggi e nelle idee ha uno schema certamente più simile a Grillo anche se è sempre difficile fare paragoni tra sistemi politici e tradizioni così diverse.

Ci faccia una previsione: come finirà la corsa per la nomination repubblicana? 

Al momento Trump pare inarrestabile, l’area moderata del partito può solo sperare di arrivare ad una convention contestata a luglio e giocarsela in quel momento con i numeri dei delegati. Certo, se Cruz e Rubio non cambiano passo sarà difficile anche questo scenario.

Parliamo d’Italia. L’Istat certifica la crescita del Pil, nel 2015, dello 0,8 per cento. Il dato fa esultare Matteo Renzi che se ne attribuisce il merito. Le opposizioni, invece, denunciano l’ennesima falsificazione della realtà. Chi ha ragione?

Nessuno dei due. Le opposizioni non propongono nulla che possa far aumentare realmente quel dato rispetto a quanto fatto oggi e Renzi fa il gioco delle tre carte. Basta una semplice domanda: se torni a crescere, ma nel mondo occidentale sei il Paese che cresce di meno, la tua posizione è migliorata o peggiorata? Stiamo perdendo sempre più terreno.

Parliamo di Lei: giovane ricercatore che ha scelto la Gran Bretagna come seconda patria. Quando legge che la disoccupazione giovanile in Italia è al 40 per cento, un po’ non le fischiano le orecchie?

Senza dubbio, specie quando incontri migliaia di coetanei che preferiscono lavorare in Paesi più flessibili e fiscalmente accoglienti, quando le imprese si trasferiscono in Austria e Slovenia. In Italia abbiamo costruito un ambiente anti-giovani e anti- imprese. Prendiamo la tassazione: non solo è la più alta d’Europa ma è iniqua, la tassazione andrebbe legata agli anni di lavoro che si sono accumulati perché a parità di stipendio chi lavora da due anni non può pagare le stesse tasse di chi lavora da venticinque. Stesso discorso sulle pensioni, la mia generazione paga quelle dei nostri nonni e non avrà la sua. A cosa ci serve l’Inps? Perché un giovane professionista ha un obbligo contributivo del 30 per cento verso l’Inps? Andrebbe abolita la contribuzione obbligatoria ed il sistema pensionistico gradualmente privatizzato.

La sua vicenda politica è iniziata dall’alto. Un giorno si potrà leggere nella sua biografia: “Da giovane s’iscrisse al Board dei giovani conservatori europei”. Converrà che certe opportunità non capitano tutti i giorni. Cosa significa guidare i giovani conservatori-liberali europei?

È una grande opportunità, significa incontri in tutta Europa con le classi dirigenti degli altri Paesi, confronto diretto con i coetanei di tante nazionalità, possibilità di osservare da vicino esperimenti e progetti politici diversi, avviare una rete tra politici, accademici, intellettuali di tutta Europa.

L’European Young Conservatives è affiliato all’Ecr, il gruppo che rappresenta nel Parlamento europeo i conservatori, dei quali David Cameron è l’indiscusso leader e Raffaele Fitto il referente italiano. A leggere i programmi dell’Ecr non sfugge che, su molti temi, i conservatori d’Europa non la pensino troppo diversamente dalla Lega e da taluni suoi partner continentali. Questo non la imbarazza?

No, perché ci sono delle differenze profonde. Ecr è un’aggregazione di conservatori liberali che lottano per ridurre la burocrazia, ampliare la libertà d’impresa e difendere il libero mercato. Sull’immigrazione, dove sta scritto che dobbiamo accogliere tutti a braccia aperte? È una questione su cui si devono interrogare tutte le culture politiche. La Lega spesso sbaglia i toni ed è approssimativa nelle soluzioni, ma l’immigrazione è uno dei grandi problemi di questo tempo e deve essere gestita. Lo stesso vale per l’Unione europea: così com’è non funziona e continuare a costruire un super Stato spoliticizzato non ha molto senso perché si rischia di distruggere l’Europa con ripercussioni gravissime.

Roger Scruton, il padre del conservatorismo anglosassone contemporaneo, ha scritto: “Non è insolito essere un conservatore. Ma è insolito essere un conservatore intellettuale”. Condivide?

Certo gli intellettuali conservatori numericamente sono molti meno dei progressisti. Questo perché il conservatorismo è meno omogeneo in quanto legato ai particolarismi nazionali rispetto alla cultura internazionalista del progressismo. Tuttavia, ultimamente noto un maggiore attivismo a livello internazionale anche del mondo conservatore che certo tende a dividersi sul crinale del liberalismo, ma alcune sintesi interessanti come quelle di Scruton stanno emergendo.

Va bene ridurre il perimetro della presenza dello Stato nella vita dei cittadini, ma per un fautore del libero mercato qual è il punto di sintesi con la necessità della difesa dell’ordine sociale tradizionale?

L’ordine sociale si difende così: tutela del risparmio, rispetto dei patti tra Stato e cittadino e quindi fine ai cambiamenti continui di regole, un welfare per le persone e non per le corporazioni, mobilità sociale garantita da un sistema d’istruzione aperto e meritocratico, regolazione dell’immigrazione e politiche per la sicurezza “broken window” ovvero tolleranza zero per evitare situazioni di forte disagio come quelle di certe medie-grandi città.

Se per Enrico IV di Francia Parigi valeva bene una messa, per lei i Navigli valgono bene il Tamigi. Nonostante i doveri londinesi, non ha rinunciato al progetto di portare la carovana de “La Cosa blu” nel cuore di Milano. Lei chiama a raccolta uomini e donne di buona volontà per compiere – parole sue – “un salto in avanti e superare lo stallo di un centrodestra spompato, perdente, estremista”. Cosa spera di ottenere da questo ennesimo sforzo di riflessione collettiva?

Detto in maniera semplice: vogliamo riunire la classe dirigente del futuro che sia pronta a mettersi alla prova da oggi sui grandi temi politici e generazionali che abbiamo affrontato prima. Per questo ci confronteremo anche con il mondo della finanza, dell’impresa e dell’università. Nella seconda parte la discussione sarà aperta iscrivendosi a parlare. Ci divertiremo e avvieremo un discorso fatto d’incontri con proposte molto concrete su fisco, burocrazia, welfare, pensioni e istruzioni. Vi aspettiamo.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:59