Dalla mozione di sfiducia   risorge il centrodestra

Mozione di sfiducia al Governo n. 501 a firma dei senatori Centinaio (LN), Romani Paolo (FI-PdL) e altri. A favore 101, contrari 178: il Senato respinge. Con questo lapidario verdetto l’altra sera è calato il sipario sull’opera buffa Governo Banca Etruria - atto secondo. Per il finale bisognerà attendere. Nel frattempo ci godiamo il prologo della prossima messinscena: Come ti governo il paese con i voti degli avversari. Il risultato politico che il centrodestra ha portato a casa è stato il disvelamento di una verità malamente occultata nelle stanze del potere: c’è un governo in Italia che si regge sulle spalle di Denis Verdini. In politica i gesti spesso hanno più efficacia dei contenuti degli atti che si compiono. A questo riguardo, i forzisti, sostenuti dagli alleati della Lega, hanno fatto un passo in avanti decisivo per la ricostruzione della propria credibilità politica.

L’iniziativa parlamentare del centrodestra è stata necessaria per uscire dal vicolo cieco nel quale si era infilato Silvio Berlusconi dopo la stagione della sospetta liaison con Matteo Renzi. Si dimentica che un irremovibile Matteo Salvini aveva chiesto all’alleato una prova di coerenza in vista delle prossime elezioni amministrative. La mozione di sfiducia è stata il cerchio di fuoco nel quale i parlamentari di Forza Italia si sono lanciati uno ad uno per dare prova di fedeltà. Ora si potrà marciare uniti verso la scelta delle candidature. Se Forza Italia si fosse tirata indietro sulla mozione di sfiducia l’accordo sarebbe saltato e alle prossime elezioni il centrodestra sarebbe andato in ordine sparso: potete immaginare con quali catastrofici esiti. Poi, c’è la questione dei traditori che tengono in piedi un governicchio illegittimo. Matteo Renzi fa lo spavaldo, Angelino Alfano esulta, Denis Verdini sorride sornione, ma come insegna la saggezza antica: riderà bene chi riderà per ultimo.

L’altra sera, con l’immissione dei voti verdiniani nel quadro della maggioranza di governo, si è innescato un congegno a orologeria destinato a fare molto male al suo ideatore. Denis Verdini, il ruvido commerciante di carni all’ingrosso di Fivizzano, è sempre stato giudicato personaggio scomodo anche quando sedeva alla destra del padre: il Cavalier Berlusconi. La sinistra politicamente corretta ha campato di rendita per vent’anni accusando un giorno sì e l’altro pure il centrodestra di essere il rifugio degli affaristi più spregiudicati dei quali Verdini era considerato il principe. Ora che l’impresentabile, seguìto dalla falange macedone dei nostalgici di Nicola Cosentino, è passato all’altra sponda che se lo godano tutto. Ci sarà da sganasciarsi dal ridere quando gli “onesti” piddini dovranno presentarsi ai loro elettori per spiegare che ci fanno in compagnia del macellaio bancarottiere. È stato un salto degno di Tarzan quello che ha portato il Partito Democratico dalla clausura morale di Enrico Berlinguer al tavolo della zecchinetta di Verdini.

Complimenti compagni per lo stomaco d’acciaio! Il centrodestra dovrebbe dire grazie a Matteo Renzi che gli consente di liberarsi della zavorra senza pagare eccessivo dazio. Ora, però, elaborato il lutto per la perdita di peso specifico nella conta parlamentare, il centrodestra deve concentrarsi sul futuro. Soprattutto deve prepararsi a proporre al proprio elettorato candidature affidabili. Basta con i servi sciocchi, i furbi di tre cotte e gli adulatori a scopo di profitto. C’è bisogno di gente leale, di profili di specchiata coerenza ideale, di persone che non siano disponibili a svendere la propria storia per un piatto di lenticchie. Non serve paracadutare sui territori le solite facce per raccogliere un consenso al quale, una volta eletti, mai risponderanno. Che bello sarebbe se, prima di ogni elezione, si facessero firmare ai candidati dimissioni in bianco da custodire in garanzia. Perché fidarsi è bene...

 

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:48