
Le opposizioni si preparano alla battaglia del referendum confermativo dopo l’approvazione, in terza lettura, della riforma del Senato. Sarà l’ultima possibilità per impedire che una pessima legge entri in vigore. Perciò si prevede che vi sarà un ampio fronte a battersi per il no. Tuttavia, non possono essere ignorate le identità e le storie personali dei compagni di viaggio nella traversata referendaria. Una volta tanto tocca al centrodestra di avere la puzza al naso. Condividere lo schieramento con coloro che per decenni hanno sputato addosso ai nemici di destra, ritenendoli antropologicamente inferiori, sarebbe un errore gravissimo. L’elettorato non capirebbe.
Bene, dunque, che sia nato formalmente il comitato per il no alla riforma costituzionale targato centrodestra. Gli altri oppositori: grillini, girotondini, radicali di sinistra e dintorni si organizzeranno per proprio conto. Alla fine si vedrà chi avrà portato più acqua al mulino della vittoria. Ora, però, che è fatto il comitato bisogna convincere gli italiani. Ma qui casca l’asino. Alla testa dell’impresa del centrodestra sono stati chiamati due eminenti giuristi: Annibale Marini e Alfonso Quaranta, entrambi presidenti emeriti della Corte Costituzionale. Il che farà assai piacere agli accademici del Diritto che profitteranno dell’occasione per duellare di penna e di fioretto con due maestri d’eccezione. Ma questo non porterà voti. Se non fosse sufficientemente chiaro: l’appuntamento referendario non sarà una passeggiata di salute perché Matteo Renzi ci ha messo su il carico da novanta trasformandolo in un plebiscito pro o contro di lui.
Non si tratta di trastullarsi in tenzoni filosofiche ma di ingaggiare una lotta senza esclusione di colpi: se vincerà, il bulletto fiorentino resterà al potere per tutto questo decennio e per l’altro. Nessuno sarà in grado di schiodarlo da palazzo Chigi e allora si potrà dire addio al centrodestra e ai suoi sogni di rivincita. Non c’è da scandalizzarsi: è politica. Come insegna il mitico Rino Formica, non è la stessa materia di cui sono fatti i sogni ma sangue e merda: è di questo che parliamo. Perciò occorre che il centrodestra si attrezzi per trasmettere agli elettori un messaggio chiaro spiegando con parole semplici cos’è che non va della riforma renziana. Nella conferenza di presentazione del comitato sono stati illustrati i dieci punti che ne motiverebbero il no. Neanche il tempo di presentarsi che già la stampa “amica”- leggi “Il Foglio”- ha aperto il fuoco per demolire il morale dei “referendari”. Le giovani marmotte di Giuliano Ferrara hanno passato al setaccio le dieci ragioni che dovrebbero indurre i cittadini a votare no e tutte sono state ritenute deboli o mancanti. Non è che avessero tutti i torti. Anche a noi certe asserzioni lasciano perplessi.
Forse, la strada migliore sarebbe quella di chiedersi cosa potrebbe innescare la contrarietà degli italiani su una questione tanto lontana dalle proprie vicissitudini quotidiane. Agli esperti del centrodestra poniamo una domanda: siete assolutamente certi che l’opinione pubblica non veda l’ora di silurare il bicameralismo perfetto? Non è che gli italiani vorrebbero meno leggi mentre la riforma renziana gli sta offrendo la polpetta avvelenata di un organismo scarnificato solo per infittire, anziché disboscare, la foresta normativa? Gli italiani sono dei sentimentali, nessuna meraviglia quindi se chiederanno di sapere del perché ci si debba privare proprio del Senato visto che è lì dai tempi dei Cesari e di Cicerone. Si domanderanno: cosa sarebbe la città eterna se le si togliesse la “S” dall’acronimo capitolino: S.P.Q.R.?
Un Popolo senza Senato: un cuore senza testa. Forse sono queste le cose che la gente comune comprende meglio. Allora si spinga sul tasto delle passioni e si lasci perdere la velleità di far respirare agli italiani l’aria rarefatta delle alte quote del pensiero giuridico. Vincere è la sola che conta.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:03