Nei momenti duri non servono i cantastorie

Le gravi turbolenze dei mercati finanziari di queste ultime settimane, innescate dal crollo del prezzo del petrolio e dal rallentamento della Cina e di altre economie emergenti, dovrebbero rappresentare più di un campanello d’allarme per l’Italia. Un Paese il quale, ostinandosi a vivere ben sopra le proprie possibilità, rappresenta tra i grandi partner europei l’anello di gran lunga più debole.

Per questo motivo, ben prima che Matteo Renzi facesse irruzione nella stanza dei bottoni, ho sempre sperato che nei momenti di grave crisi la classe politica nel suo insieme riuscisse a produrre uomini all’altezza della situazione, imponendo soprattutto all’Italia che vive di tasse e di debiti i necessari sacrifici per evitare il fallimento strutturale del sistema. Invece, sull’onda di effimeri fattori esterni irripetibili - tra questi il cosiddetto Quantitative easing di Mario Draghi - la politica italiota è riuscita a partorire un signorino soddisfatto che prosegue in sostanza la linea dei suoi antenati democristiani: aumenta surrettiziamente il prelievo fiscale allargato e la spesa pubblica corrente, utilizzando a piene mani lo strumento mortale del deficit. Ed è per questo, oltre ad ingraziarsi la pancia dell’elettorato anti-europeo, che il bulletto al timone dell’Italia è entrato in rotta di collisione con le più alte autorità comunitarie, presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker in testa.

Egli, in estrema sintesi, vorrebbe che le già molto permissive autorità che controllano la stabilità della zona euro non intralciassero in alcun modo le sua dissennata e irresponsabile linea di deficit-spending. Il suo evidente piano è quello di allentare i cordoni della borsa ogniqualvolta si avvicini una scadenza elettorale, così come è accaduto per le ultime elezioni europee con i famigerati 80 euro. Mentre, come dimostra la farsa della spending review, Renzi si guarda bene dal tagliare un solo euro di spesa strutturale, dimostrando con questo di non essere uno statista coraggioso, ma solo un opportunista cacciatore di voti. E molto presto la realtà delle cose farà, ahinoi, piazza pulita di tutta la montagna di illusioni che hanno accompagnato la rapida ascesa di questo fin troppo ambizioso giovanotto.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:55