L’entusiasmo di Renzi  dinanzi al moribondo

La ripresa economica è davvero effimera. Si tratta d’un fenomeno creato dalla stampa renziana, pompato da tivù ed insulse statistiche. L’Italia sta implodendo. La disoccupazione aumenta, e sempre più imprenditori chiudono aziende per poi riaprirle in Croazia, Serbia, Bulgaria e Romania. Chi dispone di provviste ben più consistenti s’affaccia sui mercati tedeschi e polacchi. Spia ineludibile sulla cattiva salute del Belpaese è l’ultima indagine dell’Istat, che dimostra come i lavoratori stranieri non trovino più lavoro in Italia ed optino per nuove migrazioni in altri paesi.

Secondo l’Istat gli stranieri rappresentano l’8,6 per cento della popolazione residente tra i 15 ed i 74 anni: i naturalizzati italiani sono l’1,3 per cento. Il lavoro è stato motivo della loro migrazione in Italia. L’ultimo rapporto dell’Istat ha rivelato che il tasso di occupazione degli stranieri ha subito una forte contrazione, di ben 6,3 punti percentuali. Ben consci che le aziende preferiscano i lavoratori stranieri rispetto agli italiani, perché meno propensi ad intentare vertenze e cause, si comprende perché l’effetto Renzi non abbia favorito la ripresa dell’occupazione.

Stesso discorso anche per le badanti, polacche, ucraine, filippine, peruviane, moldave e romene che ormai guardano ad altri paesi dell’Ue: infatti figli e parenti di persone malate preferiscono accudire il proprio congiunto, per far restare in casa il reddito da pensione. La comunità cinese è l’unica che pare non conosca disoccupazione: imprenditori sono il 43,4% delle donne cinesi ed il 45,4% dei cinesi di sesso maschile.

A questo panorama s’aggiunge che in Italia vivono più Neet che in tutta l’area Ue: si tratta dei “not in employment, education or training”, ovvero uomini e donne di giovane età che non lavorano né studiano. Un problema grave, legato alla condizione sociale e lavorativa dei giovani. Si tratta sempre più spesso di giovani a rischio di esclusione sociale e povertà. È il risultato dell’abbassamento della qualità della vita, impostoci dall’Unione europea come pratica di rigore per risanare il paese. In forza di politiche, su mercato del lavoro e welfare, solo subite dall’Italia. Una retrocessione programmata dalle istituzioni europee e subita dall’Italia. Ultimo atto è la caduta in povertà delle famiglie d’origine, che getta i giovani in una sorta d’inguaribile inedia: anticamera d’una sorta d’eutanasia a cui la politica non sembra voglia opporsi. Infatti i partiti di governo si dimostrano la negazione delle pratiche socio-relazionali, quelle che dovrebbero favorire la creazione di posti di lavoro e l’integrazione tra lavoratori. I limiti alle politiche per il lavoro sono enormi, e solo ora Renzi tocca con mano quanto la Germania intenda perseguire la morte sia del siderurgico italiano (vedi caso Ilva) che la morsa creditizia sulla piccola impresa. Su quest’ultima pesa non poco la gestione mafiosa del microcredito: ormai dopo il caso della Banca Etruria in molti parlano di “mafia bancaria toscana” (la quinta mafia?).

Il Paese è triste e senza lavoro, e i partiti sembrano sempre meno propensi ad ascoltare la gente: i luoghi associativi, formali e informali, sono stati aboliti e l’asocialità domina incontrastata. Non è un paradosso sostenere che il vero leader della gerontocrazia italiana sia proprio Matteo Renzi, piegato a vecchie logiche europee, incapace di guardare ai fulgidi esempi politici del nostro passato. L’ascensore sociale italiano è stato bloccato con l’estinzione del craxismo, che puntava nella socializzazione patriottica, morta nel ’93 per mano comunista.

Con quest’arietta la fiducia di consumatori e imprese ha toccato il suo punto più basso proprio nel 2015, ce lo ricorda proprio l’Istat: è il primo indice, segnala l’Istituto di statistica.

In crescita il numero di famiglie che vivono in case in affitto, dal 16,7 al 18,7 per cento. Siamo tornati alla percentuale di senza tetto del quinquennio 1948-1953. Ma Renzi continua a sostenere che “tutto va bene… per il meglio”. È inviluppato in una sorta di entusiasmo da conferenza stampa. Aspetto quasi patologico, come la reazione del malato terminale che prima del trapasso si desta dicendo “ho fame!”.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:35