
Napoli è una città dove un segretario sindacale Cgil può trovarsi minacciato con un coltello vicino alla sua sede, in vendita per dissesto finanziario. Al di là delle solite litanie anticamorra, non è chiaro se a minacciare siano piccoli delinquenti, criminalità organizzata o lavoratori arrabbiati. Il palazzo partenopeo di 10 piani di via Torino, dagli anni ’70, centro della più potente organizzazione dei lavoratori del Sud, tornerà ad essere un albergo; troppo pesante il milione di euro di costi di gestione, di una struttura da 200 dipendenti a Napoli ed altri 400 nella regione. A Napoli la legge Severino avrebbe preteso il commissariamento di sindaco e governatore; invece senza testa sono ora Cgil e Uil. La polemica innescatasi tra confederazione Cgil ed i vertici locali commissariati viene da lontano. Gli iscritti campani alla Cgil in un decennio si sono dimezzati dal 10% al 5% della popolazione. L’emergenza di occupazione e redditi in una città dove metà dei giovani è a spasso ha reso incomprensibile la linea dura antigovernativa della segretaria Camusso in un clima di separati in casa con il Pd. Partito nelle cui componenti si ritrovano invece bene sia il vertice regionale, vicino al governatore De Luca, che quello partenopeo, sostenitore di Bassolino.
Nell’avvicinarsi di elezioni comunali e primarie, sono scoppiate le accuse di dittatura da sceriffo nei confronti del segretario regionale Tavella, che voleva incorporare nella sua struttura le funzioni provinciali, per ridurre i costi del quarto disavanzo di fila. La confederazione ha accusato gli uni e gli altri di cattiva amministrazione sostituendoli con due commissari, Spadaro e Solari. L’inusitato provvedimento ha mandato, su tutte le furie la fazione landiniana (che avrebbe voluto un congresso), ma anche Tavella e l’ex segretario cittadino Libertino che hanno denunciato la campagna antiPd interna. Fulmine a ciel sereno, il commissariamento della Uil campana ha interrotto i 14 anni della leader Anna Rea, salita al ruolo mentre il predecessore Cardillo diventava assessore della prima giunta comunale dell’ex ministro dell’Interno Jervolino. Cardillo sarebbe stato poi costretto alle dimissioni da un’indagine giudiziaria che l’avrebbe assolto solo dopo un decennio. Al congresso nazionale Uil del 2014, nel passaggio di consegne tra Angeletti e Barbagallo, la Rea arrivava con triplo incarico: Campania, segreteria confederale e capodipartimento internazionale.
In quest’ultima veste aveva anche aperto due sedi nella Libia del post Gheddafi in accordo con il principale sindacato libico, UGTL, e l’Eurispes. Nei mesi precongressuali, nel clima favorevole all’ascesa delle donne ai vertici sindacali, la Rea aveva accarezzato l’idea di emulare gli esempi della Camusso della Cgil e Furlan della Cisl. Alla figlia del sindacalista Rea non mancava certo il pedigree, Essendo poi evidente il successo dell’ex segretario organizzativo Barbagallo, aveva fatto buon viso a cattivo gioco, salutando nel nuovo leader “il segretario immigrato”, per le radici siciliane. Dopo il congresso, senza una chiara nota, le competenze internazionali della segretaria sono come evaporate, proprio nei mesi in cui si decideva la vittoria del candidato Uil, Visentini, alla guida di tutto il sindacato europeo. In effetti, da allora, il settore internazionale Uil è rimasto nelle mani del centralizzatore Barbagallo. C’era stato poi l’avvertimento dell’ex segretario regionale degli edili Uil, Luigi Ciancio, fondatore della struttura edile più forte d’Italia per il sindacato laico, quella di Salerno. Dimessosi per contrasti con le strutture nazionali, Ciancio si era detto preoccupato per le sorti della Rea.
Buon preveggente, visto che un anno dopo, la segretaria è andata sotto la rivolta di quasi metà delle categorie, (49 membri sui 109 del consiglio regionale), accusata di malversazioni finanziarie. Ora l’ufficialità prevede che la Rea, che si è vista riconoscere, prima delle dimissioni, la correttezza amministrativa di gestione, torni al suo posto di lavoro in Whirlpool. Finisce una gestione che aveva retto anche negli anni delle accuse alla gestione sindacale dei trasporti salernitani e dell’edilizia casertana; e che da ultimo aveva plaudito al commissariamento della Camera di Commercio partenopea. Per ora anche in Uil Campania, sono arrivati due commissari, il tesoriere nazionale Attilli, già segretario del pubblico impiego Uil ed il segretario organizzativo Bombardieri, che ha già il peso della gestione commissariale di UilPoste, categoria ricostituitasi solo da un biennio e già di nuovo nel caos dopo solo un turno elettorale a Poste Italiane. La Rea, partita dal ripulire il sindacato, difficile che torni alle pulizie da lavatrici.
Più facilmente, la si vedrà tra i sostenitori più stretti di Bassolino che nei suoi anni di sindaco e governatore ha coltivato molto il mondo sindacale campano. In estate tutti i segretari confederali avevano sbandierato compensi modesti sotto le polemiche per l’opacità dei doppi stipendi sindacali. Di loro, resta solo la Lucci, segretaria Cisl. Per il resto, i sindacati finiscono, come il governo, per prediligere i commissari. Lo fanno in un’area simbolo delle sofferenze del lavoro, ma anche del rapporto incompreso ed incomprensibile con il partito di riferimento e le sue componenti. Nel sindacato si fronteggiano i commissari Cgil e Uil, grigi burocrati, tre segretari del centro ed il capo dei pensionati pugliesi. D’altro lato i capi locali defenestrati, Rea, Tavella e Libertino, si somigliano, tutti cacciati plausibilmente per pianificazione centrale.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:25