
Hai voluto la bicicletta? Adesso pedala! Lo diciamo in molti, lo si dice anche per la bella Maria Elena Boschi e per Matteo Renzi, soprattutto. Ma le cose sembrano più complesse. Le faccende della ministra delle riforme di questi giorni, al di là delle responsabilità, del conflitto d’interessi, delle colpe dei padri che non devono cadere sul figli, ecc., pongono un problema di fondo all’intera vicenda renziana, cui peraltro abbiamo sempre guardato con grande attenzione.
La messa nel mirino della Boschi è anche (forse soprattutto) una presa di mira al bersaglio grosso, ovvero il Premier, che non ha mai celato il ruolo portante ed essenziale della sua ministra incaricata di quelle riforme, approvate o in fieri, che le danno un ruolo in mancanza del quale - per dimissioni, crisi e quant’altro - la stessa parabola renziana subirebbe uno stop non facilmente reversibile. Ma il punto che ci interessa è un altro e riguarda il senso, la portata e il significato autentico della parabola dei due; essendo quella boschiana lo specchio dell’altra con una valenza che ha un di più: la Boschi è donna, bella, brava, fotogenica, amata dai mass media, accarezzata dai paparazzi, stuzzicata dalle telecamere e in primo piano su riviste, talk, tg e gossip. Un melange massmediatico degno di un’attrice, di una diva, di una star del cinema.
Difatti, il suo percorso si svolge come su una pellicola ed il suo film di successo è inevitabilmente sfociato nella logica dello star system. Poco importa che di mestiere faccia politica, anzi, se la professione di un’addetta alla “Polis” e al suo governo è segnata e voluta in profondità dal richiamo mediatico, i vantaggi della scelta sono quasi sempre eccellenti, purché il soggetto in questione non si fermi, cullandosi, alla superficie levigata della sua immagine riflessa in ogni dove, ma sappia condurre a buon fine il compito attribuitogli. La politica complessiva rappresentata dalla compagnia renziana, capo in testa, è sotto il segno della tv e dei mass media, ne ha mutuato i ritmi frenetici, l’estetica di fondo e la logica dell’audience che la sorregge, in nome di un obbiettivo che assomma, al tempo stesso, la rottura col passato burosauro, la rottamazione e l’appeal dei protagonisti in un quadro politico caratterizzato dall’assenza di concorrenti veri e propri.
Silvio Berlusconi, per dirne uno, è pur sempre il capo di un partito, ma dopo vent’anni (e che anni!) la sua è un leadership sminuita, per di più minacciata da un leader “interno” come Matteo Salvini col quale è costretto a fare i conti, come in questi giorni convulsi, con mozioni di sfiducia varie, con la svolta renziana verso Beppe Grillo e con le elezioni amministrative alle porte. Soprattutto con la mancanza (voluta) di un erede politico. In realtà, l’erede del Cavaliere c’era e il Nazareno ne siglò, a suo modo, il passaggio di testimone; poi è andata com’è andata, ma l’erede c’era e c’è ancora ed è proprio quel Renzi contro cui Berlusconi eleva oggi accuse pesanti, di cui se ne leggono, in trasparenza, più le delusioni che le ostilità.
Renzi è considerato suo erede specialmente nell’utilizzo dei mass media, dei quali è, per motivi anche anagrafici, figlio prediletto ma con delle differenze col maestro di Arcore: un surplus di cinismo, di cattiveria, di opportunismo e di frenesia. Differenze comprensibili, si capisce, in chi fa ora politica; ma con l’avvertenza che non appena la ruota gira in senso opposto, non appena l’audience cala o non appena sopraggiunge l’intoppo, lo scivolone o l’errore, la logica massmediatica si piega su sé stessa. Nel caso della Boschi - come si notava - questo giro di vite, questa giravolta originata da un caso ancora tutto da chiarire ma politicamente fin troppo facile da cavalcare dalle opposizioni, è la cartina tornasole della logica perversa dello star system che ha cosparso il terreno di vittime, vere purtroppo. Basti pensare a Marilyn Monroe o anche a Whitney Houston e alle loro tragedie, ma persino a un genio come Charlie Chaplin perseguitato per decenni.
Naturalmente la Boschi gode e continuerà a godere di ottima salute, come le auguriamo. Ma è la sua salute mediatica che ci sembra in crisi: la sua floridezza illuminata dalle tante apparizioni televisive dove non ha mai sbracato, a parte la breve seance all’ultima Leopolda. Il fatto è che, come nel sistema dei divi del cinema così nella politica, la personalizzazione meticolosamente perseguita accelerando la carriera, la ricerca voluttuosa della visibilità favorita da un portamento da star e l’inevitabile tramutazione in una sorta di immagine votiva, di un’icona, porta con sé limiti e pregi. Il bello e il brutto. Costi e benefici. Successi e insuccessi. Rapidi? Il film non è ancora finito, anzi.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:37