Il trionfo della destra, notte della Casa Bianca

È quando la notte s’inoltra nelle ore più oscure che la tivù può soccorrere noi insonni. Persino dopo le ripetute videate degli exit poll francesi, peraltro annunciati anticipando tutti dal sempre svelto Antonio Di Bella, anche se, di ora in ora, scorrono film meravigliosi, anche di Sky, ma non solo, con le vecchie pellicole di Rete Capri spiegate al popolo della notte da Joe Denti coi suoi memorabili riassunti.

La nottata televisiva post-regionali francesi ci ha consentito qualche riflessione off the record, un po’ sonnambula, per dire. Per chi conosca un po’ i nostri cugini d’Oltralpe e non abbia dimenticato, come succede a molti, le vicende di un tredici anni fa, la strepitosa vittoria del duo femminile Le Pen non è spuntata come i funghi, non è così sconvolgente. È la continuazione di un’onda che viene da lontano, dai tempi di un certo Jospin sconfitto da Le Pen senior che poi viene battuto da Chirac. Tempi e nomi lontanissimi eppure così pieni di significati a dir poco univoci. Adesso l’onda è uno tsunami. Ma a noi interessa la tivù di quella notte e le sue sorprese, compresa la piccola (si fa per dire) “France 24” a disposizione del telespettatore italiano che voglia saperne di più, e in diretta. Certo, un po’ di francese bisogna masticarlo e, comunque, con un minimo di attenzione, l’offerta della politica che ci è venuta dalla Francia sarebbe dovuta essere imparata a memoria dai nostri frequentatori di talk-show di cui France 24, ma anche altre su Sky di quel Paese, ha mostrato lo stile diverso, il rispetto reciproco, le buone maniere, la non sovrapposizione di interventi, la terzietà dei conduttori. E’ l’estetica della politica, anche di quella dei giorni della vittoria degli uni(une) e della sconfitta degli altri (Sarkozy e Hollande) che si valuta questa speciale estetica, ovvero la forma elegante di un contenuto antagonista.

Cosa davvero hanno detto e cosa, soprattutto, emergeva dalla notte televisiva dei risultati clamorosi che da un nord in crisi di occupazione a un sud ricco ma emotivamente connotato? Una parola, e che parola, su tutte ha dominato e risuonato, fino a segnare in profondità la data e ciò che avverrà dopo: paura. Paura come confessione di uno stato d’animo sconvolto dal 13 novembre del Bataclan, ma anche come ricerca di un rifugio, di una protezione, di una speranza. Non ha vinto la paura, ha detto uno di Sarkozy a France 24, ma la figlia di Le Pen che ha saputo comprenderla e tradurla in protesta e proposta reattiva. Vedremo. Sta di fatto, un altro ha osservato, che la sindrome francese non solo ha mostrato il fallimento dell’integrazione ma, per la sua diffusione nel Vecchio Continente, ha messo in luce le vistose crepe di credibilità dell’Unione europea, la sua inadeguatezza politica se non addirittura la sua legittimità istituzionale carente com’è di un’identità, a cominciare da quella religiosa che ha invece giocato un ruolo di fondo nella vittoria lepenista. Il che la dice lunga su Cristianesimo e Islam, di oggi.

Ma è una sindrome, quella della paura, comune a gran parte del mondo, e potrebbe attivare anche meccanismi positivi, fra cui un nuovo significato alla parola integrazione, nuovi e più rigorosi contenuti giacché qualsiasi riconciliazione sociale si ricostruisce stabilendo regole di convivenza chiare per tutti. In mezzo a queste inquiete riflessioni nel cuore della notte televisiva, è piombata la Cnn, l’ultima sorpresa, e si è materializzato lo studio ovale della White House e del suo presidenziale occupante. Uno speech di Barack Obama al suo Paese scosso dalla strage di San Bernardino, dal terrorismo islamico, dalle troppe armi in giro. Non è stato faticoso ascoltare la succinta e beccheggiante traduzione, strano vero? Mica tanto. È raro che un discorso dalla Casa Bianca, per di più annunciato in pompa magna urbi et orbi, non susciti un qualche interesse, non ci sospinga verso l’alleato, non ci tenga assorti ad ascoltarne le idee, le considerazioni, le proposte sulla guerra in atto, sulla lotta al terrorismo Isis. È raro ma è accaduto. Un discorso generico, con slogan risaputi, con appelli alla immancabile vittoria della libertà contro il terrorismo. Già, ma come? Quando? Con chi? Senza un progetto, una proposta, un programma, un fatto, una decisione.

Belle parole, tanta delusione. Che spiega, proprio nella stessa notte del successo della destra, perché in Francia, per ora, non soltanto abbia perso l’Europa, ma soprattutto colui che era sempre stato il suo paladino, la sua guida, la sua vera forza: l’inquilino della Casa Bianca.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:33