Lotta al terrore: candele o lumini?

I fatti di Parigi sono ormai noti a tutti per cui bando alle ciance. Superfluo anche ribadire che la solidarietà al Popolo francese è sincera, anche se la tragedia non ci lascia né sgomenti né sorpresi dato il cronico dilagare del fancazzismo occidentale sul tema terrorismo. Anche sulla faccenda delle opportune reazioni è inutile (in prima battuta) stare lì a straziarsi sul tema “armi sì ed armi no” , non fosse altro perché l’uso timido (e spesso inesistente) della forza da parte dei popoli offesi dimostra platealmente quanto la teoria pacifista sia sbagliata o quantomeno scavalcata dagli eventi. Su questi argomenti lasciamo esercitare i masticatori d’aria nei salotti televisivi e doniamo loro generosamente queste poche frattaglie polemiche su cui avventarsi.

Ciò che spaventa sul serio è invece l’animo mesto, rassegnato ed inconcludente con cui i fatti di Parigi sono stati accolti dalla collettività: è stato tutto uno sfoggio di fiorellini davanti alle ambasciate, bandiere francesi sui social network, “Je suis Paris” come se piovesse e catene di sant’antonio via sms che invitavano ad accendere la candelina per ricordare i poveri angeli saliti in cielo. La politica funziona anch’essa con il sistema domanda-offerta per cui, se la domanda è di candeline e non di lumini funebri per i terroristi, come si può lontanamente immaginare che l’offerta politica miri a porre la parola fine all’esperienza terrena del califfo e dei suoi fratelli? Eppure il messaggio stragista è stato chiaro: colpire i luoghi in cui si declina la vita dissoluta dell’Occidente (un concerto ed una serie di locali dove si mangia e si beve alcool), pretendendo di portare la paura a casa nostra e punire gli infedeli che non si piegano alle leggi coraniche. Le reazioni ad un simile affronto saranno quindi blande: quattro bombardamenti dimostrativi (più a fini domestici che esteri), l’ennesimo corteo in cui - come nel caso di Charlie Hebdo - i capi di Stato e di Governo prometteranno di tutelarci ed infine una serie interminabile di lanci di agenzia con pensierini più o meno belli come quelli a margine del G20.

La percezione è che ci sia uno scontro tra civiltà perso in partenza dall’Occidente nel quale da una parte ci sono degli spietati e dall’altra dei codardi, da una parte degli assassini con una strategia e dall’altra dei dialoganti che si sbrodano di chiacchiere nei salotti, da una parte chi combatte per i propri macabri ideali di annientamento e dall’altra dei sedentari che non combattono più nemmeno per difendere il proprio orticello. Gli unici che rimangono costantemente uguali a se stessi sono i “filosofoni” teorici del dialogo, quelli che, quando parli di morti ammazzati, ti citano Prevert ed arricciano il naso di fronte all’uso delle armi perché ciò che realmente serve è sempre ben altro e generalmente affonda le radici in ricostruzioni geopolitiche inconcludenti e capziose. Sono quelli per i quali il problema non è il terrorismo, ma Salvini che incita all’odio. Sono quelli che non identificano mai la vera parte offesa e si preoccupano più degli immigrati non coinvolti nel radicalismo che dei poveri cristi che vanno ad un concerto e non fanno più ritorno a casa senza un motivo accettabile.

Sono quelli che rifiutano l’equazione Islam-terrorismo per nascondere il fatto che il sogno multiculturale da essi stessi teorizzato sia rovinosamente fallito e ci abbia addirittura portato al paradosso di avere nemici in Patria e per giunta con la cittadinanza. Sono quelli che fingono di non sapere che, se è vero che non tutti gli islamici sono terroristi, è altrettanto vero che tutti i terroristi coinvolti nelle ultime vicende di cronaca sono islamici. Sono quelli che, se esistono i tagliagole, è colpa dell’imperialismo occidentale e dell’oppressione capitalista che ha creato guerra, fame e povertà in quei territori. La verità, perché ci si può accusare di non essere propositivi anche se poi non sarebbe il nostro mestiere, è che sullo scacchiere internazionale andrebbe recuperato il rapporto con Putin, andrebbero invitati ad un tavolo i Paesi Islamici (specialmente Emirati ed Iran), andrebbe bloccato il mercato nero del petrolio con cui Isis si finanzia – e ci sono tutti i mezzi per farlo ma forse non la volontà – ed andrebbero fermati i movimenti di denaro provenienti da qualche testa calda residente in occidente e diretti nelle casse del Califfo (più difficile ma fattibile).

Dal punto di vista militare occorre che la Russia e la Francia non rimangano isolate, occorre sostenere e potenziare la fanteria Curda, occorre collegare e rendere meno ingessate le varie attività di intelligence, occorre inviare poche forze speciali di terra (e non certo a citofonare gentilmente a casa del Califfo) in modo che i paesi Arabi non vivano un eventuale attacco come un’invasione. Occorre rispondere al fuoco con decisione e ferocia insomma, lasciando che nel frattempo i canali diplomatici facciano il loro corso se del caso.

Sul piano interno è inutile pensare di inviare qualche poliziotto in più sul territorio perché le forze dell’ordine non possono presidiare ogni angolo del Paese. I fatti di Parigi dimostrano che ogni obiettivo è sensibile. Ragion per cui è necessario chiudere le frontiere ed attenzionare poco benevolmente (non a parole) luoghi e persone potenzialmente nocivi. Occorre che sia più potente il presidio sul territorio che non si vede piuttosto che quello in mimetica e con il mitra. In definitiva c’è bisogno di norme speciali sul versante interno. Le quali saranno sicuramente fumo negli occhi dei benpensanti ma potrebbero consentirci di abbandonare il concetto di sicurezza convenzionale, derogando a molte delle abituali garanzie. Il tutto in favore di un approccio più efficace ad un problema che convenzionale non è e che non necessita quindi di troppi sofismi e di troppe garanzie democraticheggianti. Risparmiateci i predicozzi quindi, cari “filosofoni”. Noi, per gratitudine, triplicheremo le porzioni di caviale a voi destinate e rinforzeremo i vetri anti-proiettile nei vostri splendidi salotti. Cominciate anche a pensare (se volete con disgusto) che su argomenti come Putin, Israele, Palestina e Primavere Arabe, vi eravate sbagliati. Sbagliati? Orrore.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:23