Mannino: con Renzi succede la stessa cosa

Chi risponde dei venticinque anni di vita politica e personale distrutta a Mannino? Ingroia e Di Matteo ci hanno “costruito” sopra la carriera, tali e quali a Di Pietro ai tempi di Tangentopoli. Mannino è stato assolto dopo ventidue anni, dicasi ventidue anni, dalle accuse prive di prove, di concorso esterno in associazione mafiosa, e, ieri, da quella di attentato al corpo politico dello Stato, reato contestato a lui e ad altri nel processo cosiddetto Stato-Mafia. È venuto fuori dopo venticinque anni che i due Pm hanno avuto un’impostazione accusatoria priva di prove, che le hanno addirittura inventate. Mannino ha denunciato oggi l’accanimento giudiziale nei suoi confronti, e gli italiani devono tremare di fronte all’arbitrarietà con cui Ingroia e Di Matteo hanno potuto fare i processi per sé, la collettività deve correre ai ripari e imporre la creazione di una legge dello Stato che stabilisca la responsabilità dei giudici.

Si pensi anche a Contrada, dirigente di polizia e funzionario dei servizi segreti Sisde, e ai suoi ventitre anni di vita devastati ed ai ben dieci anni di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa. Chi glieli restituisce? Chi paga? Chi ne risponde? La devastazione totale, fisica, morale, professionale e familiare ha accompagnato ogni giorno della sua vita dall’arresto nel 1992 alla fine del 2012. A Contrada è stato tolto tutto. La Corte europea gli ha successivamente dato giustizia ma non ci potrà mai essere né risarcimento né alcuna “soddisfazione”. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha stabilito che Contrada non doveva essere condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, “all’epoca dei fatti contestati, tra il 1979 e il 1988” il reato “non era sufficientemente chiaro e prevedibile”.

Mannino non sa che con Renzi e il suo governo illegittimo, al potere imbrogliando e mai eletto da nessun italiano, si è nella stessa situazione di prima quando, cioè, taluni Pm potevano falsificare ed inventare le prove e fare “carriera” nella pubblica amministrazione. Anzi, oggi Renzi i giudici li prende direttamente a mo’ di scudo per sé, papà e governo, si guardi Cantone commissario anti corruzione che come apre bocca sbaglia, o come Ferri di Alfano al ministero della Giustizia, o Sabella al Comune di Roma, e così via. Mantovani è ingiustificatamente in galera mancandone del tutto i requisiti richiesti dalla legge, e chi ne risponde? Mannino consideri bene il caso Mantovani a Milano e non pensi che oggi, cambiati i nomi dei reati ascritti quanto creati ed inventati ad hoc, non si sia nella stessa medesima condizione e situazione in cui si è trovato lui. Capisca bene che Renzi è uguale, connivente, sodale e utilizzante, alla stessa maniera di ieri, i giudici forcaioli d’assalto che screditano il famoso “prestigio” della magistratura e che per questo tutti i magistrati, che fanno il proprio lavoro, dovrebbero richiamare e far rientrare nei ranghi giudiziari non consentendo loro di fare le vedette giudici o giudici super star.

Ma il Csm non funziona e il caso Saguto, la magistrata siciliana accusata di corruzione nello svolgimento proprio delle funzioni da giudice, dimostra che la corruttela è parte integrante dello stesso organo di molto poco controllo; dunque la situazione non cambierà, non si risanerà, fino alla legge che stabilirà la responsabilità dei giudici. Solo rispondendo come ogni altro professionista del proprio operato, unitamente al rispondere verso l’interno di quanto fatto e fallito, dunque, solo con la possibilità di venire davvero rimossi dall’incarico e dallo stipendio, i giudici italiani saranno contenuti nelle loro smanie di grandezza e soprattutto negli errori, sbagli, persecuzioni e desideri di “carriere” malriposti. Solo così se ne esce. Mannino è stato indagato sulla base di anonimi probabilmente inventati, poi è stato messo sotto processo e coinvolto in una trattativa inesistente. Ingroia e Di Matteo hanno usato la loro qualità ed il loro ruolo di giudice per fare un processo politico e completare l’assalto che Tangentopoli ha fatto, per mano dei giudici, da parte del partito comunista italiano contro gli schieramenti politici avversi. Adesso Di Matteo, in cerca della gloria che non riesce ad agguantare, ha affermato di voler ricorrere contro la sentenza di assoluzione di Mannino, ma è chiaro che è obnubilato e che l’organo di controllo che non funziona dovrebbe, come minimo, rimuoverlo per quanto fatto sinora, a cominciare dal processo per la strage in Via d’Amelio in cui ha fatto condannare, pure lì, persone innocenti.

L’attuale “Mafia Capitale”, in cui adesso i Pm hanno fatto passare il fatto che vada considerata come un reato di stampo mafioso e non solo di corruzione e basta, costituisce la base ed il fondamento per far imputare dal giudice d’assalto di turno, la corruzione di stampo mafioso, di modo così da allargare i fatti illeciti di corruzione alla legislazione emergenziale antimafia. Stabilire il collegamento tra corruzione e mafia non solo consentirà a qualsivoglia giudice di addossare il reato mafioso a chi vorrà, tanto è estendibile e fumosa la fattispecie, ma soprattutto stringe in una morsa autoritaria e discrezionale tutto il Paese, dando peraltro a tutta l’Italia il “timbro” della mafia. Ad esempio il reato di concorso esterno in associazione mafiosa - per il quale la Corte europea dei diritti dell’uomo ha censurato l’Italia per la condanna inflitta a Contrada e che negli anni ha colpito e messo in prigione imputati politici da Andreotti a Cuffaro a Dell’Utri - è a dir poco controverso e presta il fianco ad enormi discrezionalità ed arbitrarietà da parte del magistrato, se poi questi è d’assalto, addio. È uomo contro uomo, non è più civiltà ma barbarie, non certo giustizia. Si legga in cosa consiste: “Il reato di concorso esterno in associazione mafiosa si realizza quando una persona, senza essere stabilmente inserita nella struttura di un’organizzazione mafiosa, svolga un’attività, anche di semplice intermediazione, che consista in un contributo per le finalità dell’organizzazione stessa”. Questo comportamento può esserci in tutti i comportamenti, e il magistrato ne può approfittare, tanto più che egli/ella non è responsabile di alcunché in Italia, cioè non risponderà mai di quanto combinato, di quanto fatto; né viene controllato da alcun organo effettivo.

Il concorso esterno in associazione mafiosa, lo si ricordi, non è espressamente previsto come delitto autonomo dal codice penale ma viene qualificato come un combinato tra il concorso previsto dall’articolo 110 del codice penale e l’associazione mafiosa prevista dall’articolo 416 bis del codice penale ed è stato oggetto di varie pronunce giurisprudenziali, e più parti ne hanno sempre escluso addirittura la configurabilità, la stessa esistenza. In pratica non esiste, se non nella testa “combinata” e nelle pronunce di alcuni giudici che, in quanto non eletti in Parlamento, non fanno certo le leggi. La legge la fa il Parlamento, non la giurisprudenza delle Corti, non i giudici. Non si può e non si deve finire in prigione e avere distrutta la vita in base a enunciati delle Corti italiane di merito, ci si deve finire con l’esistenza di una chiara legge scritta dallo Stato italiano, ciò a certezza del criterio ma soprattutto per l’incolumità di ciascuno di noi, di noi tutti.

È necessario sburocratizzare il Paese, vera “fabbrica” di malaffare e mafia, non consentire e non dare alcun valore di legge a enunciati di giudici “creativi”, ciò per estirpare corruzione e mafia stessa in Italia. Renzi non lo sta facendo, ed è per questo che il Mannino di ieri è, mutatis mutandis, il Mantovani di oggi. Cioè discrezionalità ed arbitrio dei giudici. Privi di responsabilità alcuna.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:31