Pontifex minimum

Ordinaria emergenza. Quando la Politica perde la maiuscola accade che i suoi responsabili si privino volentieri dei loro poteri ordinari attribuendoli in blocco a un organo straordinario; “il commissario prefettizio” è uno di questi. Quando si insedia in un Comune accentra su di sé tutti i poteri degli organi dell’ente commissariato: il consiglio, il sindaco e la giunta. Decide, quindi, in solitudine, ma solo e soltanto per l’amministrazione ordinaria. Ecco perché, nel caso di Roma, a distanza di appena un mese dal Giubileo della Misericordia, occorrono ben due commissari: uno “de iure” e l’altro di fatto, per gestire le risorse finanziarie... “straordinarie” messe a disposizione dal Governo. Poi, per completare il triumvirato, c’è un terzo protagonista nella veste di arbitro-controllore: l’autorità anticorruzione, incaricata della sorveglianza sugli appalti pubblici e della prevenzione dei reati nella Pubblica amministrazione. All’incirca mezzo miliardo di risorse “fresche” che sono un colossale richiamo per affaristi senza scrupoli e funzionari pubblici corruttibili.

Ma per risanare la burocrazia vale il motto: tronca/to/are; tagliare, potare, disboscare. Tutto questo il nuovo “Pontifex minimum” di Roma, Franco Paolo Tronca, non potrà farlo. Un conto è dirigere un ufficio di prefettura con un centinaio di impiegati, altro è guidare una macchina fuori controllo con 60mila passeggeri pronti a ribaltarla, assunti per starsene imboscati o, come si dice, per complicare gli affari semplici della gente comune. Perché, tale in fondo è la burocrazia. Occorre sapere che il commissario, pur straordinario, non ha i poteri che qualunque manager possiede nelle grandi imprese private. Quest’ultimo, infatti, si vede affidato un segmento autonomo del budget aziendale e, in base a quello, mette in atto la pianificazione necessaria per raggiungere gli obiettivi fissati dall'azienda stessa, “pilotando” i collaboratori scelti da lui stesso per affidabilità e capacità professionali specifiche.

Per cui, colui che facendo parte del personale della struttura dirigenziale non remi nella giusta direzione e non sia efficiente, se ne va a casa e amici come prima. Provateci un po’ voi a fare il manager vero in una pubblica amministrazione completamente ingessata da mansionari, orari di ufficio rigidi e assurdi, feroci corporazioni sindacali e così via... dove la semplice presenza dell’impiegato non comporta null’altro che la sua permanenza fisica nell’ufficio. Oggigiorno, come e chi è in grado realmente di valutare la produttività di un impiegato pubblico? Un commissario e un prefetto sono organi monocratici nominati sull’onda di una qualche emergenza, indicatori sociali e istituzionali di qualcosa (o molto) che non va all’interno di un certo apparato o di una comunità organizzata, che non sa trovare nel suo seno gli “anticorpi” per sopravvivere alla corruzione immanente e al disastro della disamministrazione dilagante, spesso del tutto funzionale e sinergica all’attività corruttiva operata dall’esterno.

Con la sua stessa presenza, quel commissario e quel prefetto stanno a significare che qualcuno, dal centro, è intervenuto d’autorità a mettere ordine con un suo uomo fidato a un disordine sostanziale e apparente che rischia di avvelenare la vita ordinaria di un’intera collettività o apparato amministrativo di rilievo. Manca a Milano, a Roma, in Sicilia e dappertutto in Italia, una politica e uomini carismatici che sappiano dare coesione, motivazione e progetti collettivi a comunità atomizzate ormai concentrate nella più bieca e individualistica quotidianità per sopravvivere in una jungla del tutti contro tutti. Invece che essere anima e sangue, oggi la politica è solo esangue. Sa soltanto chiedere aiuto ai “tecnici”, però va cambiando la Costituzione “senza” i tecnici. Lascia intatti gli assurdi privilegi del pubblico impiego lì dove sono. Congelati, antistoricamente, all’epoca del cattocomunismo. Oggi c’è bisogno di un mondo libero dal nodo scorsoio della burocrazia, mentre l'Italia continua ad avere milioni di burocrati sul libro paga dello Stato. Perché? Perché nessuno si chiede se lo sbilancio Inps, per caso, sia ben compensato dalla riduzione del pagamento di stipendi pubblici, grazie al dimagrimento per consunzione del pubblico impiego? Lo Stato risparmia decine di miliardi l’anno che in parte ci rimettono tutti coloro che oggi lavorano. Come mai nessuno dice nulla?

Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 14:56