Renzi vara la sua Manovra-colabrodo

Come ampiamente preannunciato dalla martellante propaganda renziana, il Governo ha varato una legge di stabilità, alias manovra economica e finanziaria, ben oltre i limiti della decenza. Una valanga di miliardi -27 o 30 a seconda di ciò che dirà l’Europa- in gran parte ottenuti attraverso il famigerato deficit di bilancio, senza aver messo in campo uno straccio di provvedimento che riduca in modo strutturale la spesa pubblica, vero flagello di un Paese tenuto a in piedi dalle politiche espansive della Bce. Proprio su piano della revisione della spesa, sostanzialmente messa in soffitta dall’ansia di consensi del premier Renzi, ha preso le distanze l’ultimo commissario Perotti, il quale ha sbattuto la porta annunciando un suo prossimo ritorno all’insegnamento universitario. Prosegue così la moria di personaggi illustri, folgorati da una politica di professione la quale, avendo trovato nel renzismo il suo ultimo grido, si farebbe tagliare entrambe le mani pur di non ridurre di uno zero virgola la colossale quantità di risorse –oramai sopra il 55% del Pil- che controlla.

Proprio di fronte ad un così esorbitante rapporto tra la spesa pubblica complessiva e la ricchezza reale, non possiamo che considerare irresponsabile la decisione di attuare una legge di stabilità praticamente a debito, scaricando sui prossimi Governi il costo delle insensate scelte elettoralistiche del premier fiorentino. Sotto questo punto di vista, Palazzo Chigi si è guardato bene dallo spiegare a chiare lettere che i circa 17 miliardi “sterilizzati” relativi alle tante temute clausole di salvaguardia sono stati solo posticipati agli anni a venire, rimanendo come una micidiale spada di Damocle sulla testa del popolo pagatore. Così come Renzi e il sempre più imbronciato ministro Padoan hanno glissato su ciò che resta della summenzionata spending review. 5 miseri miliardi, di cui 2 di tagli alla sanità realizzati –secondo un classico trucco caratteristico della politicaccia italiota- sulla base degli incrementi previsti.

In estrema sintesi, al di là delle singole voci di legge che distribuisce noccioline a pioggia, viene confermata appieno l’intenzione del grande rottamatore di proseguire sulla linea adottata fina dall’inizio. Una linea che non cerca in alcun modo, pur compatibilmente con i modi e i tempi di una democrazia, di riequilibrare un sistema che vive ampiamente sopra le proprie possibilità economiche. Anzi, la preoccupante spregiudicatezza finanziaria mostrata finora da Renzi, e pienamente confermata con la sua impresentabile manovra, non può che rendere –in prospettiva- ancor più instabile un Paese tenuto a galla da un crescente ricorso ai prestiti. Il resto è solo fuffa propagandistica.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:37