Lo sgarbo abruzzese a Rita Bernardini

La decisione della Regione Abruzzo di respingere la candidatura di Rita Bernardini al ruolo di Garante dei detenuti è semplicemente uno schiaffo al buon senso, oltre ad essere un’ulteriore dimostrazione che un codicillo può annichilire un intero percorso umano di abnegazione e battaglie fondamentali per l’affermazione dello stato di diritto e delle garanzie nell’esecuzione della pena.

Appare francamente quasi umiliante per la stessa Rita Bernardini dover almanaccare le prove di una vita dedicata alle emergenze che investono chi si trova a dover espiare una pena nelle carceri italiane. Dalle infinite denunce delle condizioni inumane e degradanti, ai limiti della tortura, in cui il sovraffollamento del nostro sistema carcerario costringe i detenuti, all’impegno concreto nella difesa del valore rieducativo della pena che la spinge da sempre a monitorare, carcere per carcere, le effettive possibilità lavorative (ultimo traguardo essere riuscita ad ottenere che alcune decine di detenuti sardi, possano lavorare nei siti archeologici della Sardegna nel progetto Archeo).

Dalla battaglia, mai cessata, per l’effettiva applicazione del ricorso alle misure alternative, all’amnistia e all’indulto, come unici strumenti di normalizzazione di una realtà di sovraffollamento che soltanto recentemente, sulla spinta delle scudisciate della Cedu nonché in virtù delle conseguenze della dichiarazione della Corte costituzionale sulla Legge Fini-Giovanardi, è stata timidamente strappata all’illegalità di stato, alla denuncia continua dei suicidi che nei nostri istituti penitenziari si consumano ancora a ritmo devastante.

Insomma, da sempre la segretaria dei Radicali italiani Rita Bernardini si è caricata sulle spalle un’attività instancabile per tentare di richiamare i riflettori sulla questione carceraria e sollecitare nuovi interventi in materia di carceri e giustizia. E lo ha fatto con quell’attenzione totalizzante che le ha consentito anche di smascherare i trucchi contabili e le medie aritmetiche sulla distribuzione degli spazi da cui a prima vista risultava che nessun detenuto fosse ristretto in meno dei tre mq previsti e in realtà risultanti dalla media tra celle sovraffollate ed altre relativamente meno. Ed anche di denunciare con forza l’inumano sistema dei trasferimenti lungo lo stivale a cui si è ricorsi per procedere al ridimensionamento del sovraffollamento. Un metodo spietato, responsabile di amputare qualsiasi percorso riabilitativo, di lavoro e di ricostruzione di chiunque improvvisamente si trova come un pacco postale senza più dignità.

L’elenco sarebbe ovviamente ancora lunghissimo ma è certo che è in buona parte della Bernardini il merito di aver sollecitato e pungolato il governo ad avviare gli Stati generali sull’esecuzione penale che, almeno sulla carta, testimoniano una nuova, importante volontà di restituire alla carcerazione il senso previsto dal nostro dettato costituzionale e di provare ad avviare un sano cambiamento culturale nel paese. Un’ attività e una competenza tanto solide e salde alla azione concreta continua giustificherebbero appieno un riconoscimento per Rita Bernardini. Ad intervenire in proposito l’Unione delle Camere Penali, secondo cui la decisione della Regione Abruzzo di rendere ineleggibile l’esponente radicale “va respinta oltre che per le ragioni giuridiche che saranno espresse nell’opportuna sede, soprattutto per l’alto impegno profuso da sempre da Rita Bernardini nella difesa e nella valorizzazione dei diritti e della dignità dei detenuti e degli ultimi, che non potrebbero avere migliore garanzia delle sue capacità e della sua passione. Ci auguriamo - ha concluso l’Ucpi - che i meriti di chi da sempre si occupa con dedizione, abnegazione e competenza alla causa di chi è privato della libertà vengano al più presto riconosciuti, proprio nell’interesse di costoro e di chi ha a cuore che le garanzie dei detenuti vengano sempre e comunque rispettate”.

Anche, bisognerebbe aggiungere, a vantaggio di un necessario mutamento nella cultura del paese, interprete di un viscerale sentimento vendicativo nei confronti di chi ha sbagliato ma che deve trovare nell’espiazione della pena una spinta alla ricostruzione del proprio orizzonte psicologico, morale e lavorativo. La Bernardini ha sempre profuso il suo impegno per quel traguardo di civiltà che è la tutela del diritto. C’è quindi solo da augurarsi ed augurare alla Regione Abruzzo che, oltre i codicilli che la interdicono a causa delle condanne per aver violato (sempre intenzionalmente e provocatoriamente) le norme sulle sostanze stupefacenti, le venga riconosciuto questo immenso merito.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:30