Il mistero buffo della legge di stabilità

In attesa che si delinei nei suoi contorni essenziali la tanto attesa Legge di Stabilità, il premier Matteo Renzi ha letteralmente sguinzagliato i suoi mastini della spesa pubblica, con lo scopo di rastrellare altri miliardi da gettare in pasto alla folta platea di potenziali elettori. D’altro canto le elezioni amministrative del 2016 si avvicinano e, stando agli ultimi sondaggi, la fiducia degli italiani nel grande taumaturgo fiorentino sta declinando più rapidamente del previsto. Urgono, pertanto, forti iniezioni di ottimismo renziano - sotto forma di miliardi da distribuire a pioggia - per rinverdire una stagione politica che sta vivendo una obiettiva difficoltà, sebbene ampiamente prevista dai cosiddetti gufi. Ed è proprio per questo che il formidabile illusionista di Palazzo Chigi sta per mettere in campo un colossale gioco di prestigio finanziario che non ha eguali nella storia repubblicana, soprattutto per chi segue da vicino l’andamento dei nostri sempre più disastrati conti pubblici.

In sostanza, il premier ha promesso una manovra che si aggira intorno ai 27 miliardi di euro, impegnandosi in primis a non aumentare di un centesimo la già insostenibile tassazione. Non solo, le tanto temute clausole di salvaguardia, oltre 16 miliardi previsti per mantenere in equilibrio il bilancio dello Stato, non saranno miracolosamente applicate. E persino i tagli previsti con la spending review, in origine 10 miliardi, vengono di giorno in giorno ridimensionati; ed è probabile che alla fine rimarrà ben poca “ciccia” da eliminare. Ma allora l’Esecutivo della svolta dove prenderà i quattrini per far fronte alle nuove promesse con cui il suo lìder maximo cerca di riguadagnare popolarità? Secondo i tanti trombettieri renziani la poderosa manovra di stimolo messa in campo dal genio fiorentino si fonderà essenzialmente su due fattori: maggior flessibilità concessa dall’Europa, ossia nuovi debiti per le future generazioni, e soprattutto crescita nominale del Pil italiano oltre le stime.

Quest’ultimo elemento determinerebbe un aumento del gettito fiscale allargato, concedendo al Governo un congruo numero di miliardi aggiuntivi da spendere. Tuttavia, anche su questo non secondario aspetto ci troviamo di fronte all’ennesimo mistero buffo, visto che, in controtendenza col resto del mondo, l’Italietta renziana è rimasta l’unica grande economia ad alzare le stime di crescita, nonostante la crisi cinese e quella recentissima che si è abbattuta nel settore cardine delle auto.

D’altro canto, anche se le rosee previsioni del premier non dovessero avverarsi, determinando una pericolosa crescita del disavanzo dello Stato, nessun problema. Egli non ci ha sempre detto che è ora di finirla con una politica che guarda troppo alla contabilità? Quand’anche dovessimo beccarci l’ennesima procedura d’infrazione per deficit e/o debito eccessivo, tanto mica sono soldi suoi. Lui in fondo ci mette solo la faccia.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:23