Un aforisma, un commento

“Lungo la storia politica, l’aggettivo ‘liberale’ è l’unico di cui, presto o tardi, non ci si sia dovuto vergognare”.

Non si tratta di riconoscere, necessariamente, la superiorità di un’idea rispetto alle altre, ma solo di constatare come in effetti sono andate le cose. Nei secoli, in nome di un’idea o, più semplicemente, del potere da conquistare o da preservare, si sono perpetrati misfatti di ogni genere, tutti quanti basati su una concezione dell’uomo come entità dal valore non assoluto bensì relativo, cioè in rapporto alla coerenza del suo pensiero o delle sue azioni con l’obiettivo ideale. Aggredire, torturare, rapinare, uccidere sono state, e sono, pratiche attuate in nome di mete finali sempre descritte come immancabili o predestinate, siano esse di ordine laico, come è stato per il comunismo, il fascismo o il nazismo, o religioso come è accaduto frequentemente e come, purtroppo, accade ancora oggi. Né siamo di fronte ad una questione di sola pertinenza dei partiti o degli Stati perché già sul piano individuale i gesti degli anarchici stanno a dimostrare come l’intolleranza sia una proprietà umana potenzialmente piuttosto diffusa.

A fronte di tutto questo i liberali, e i governi liberali, non hanno certo esitato ad attuare politiche a volte dure o compromissorie né ad impantanarsi talvolta in scandali di varia indole. Tuttavia, nessuna violenza è mai stata ordita in nome di un obiettivo finale liberale per la semplice ragione che, questo, non esiste. La rivoluzione francese, certamente violenta, non è stata affatto, come qualcuno crede, una rivoluzione liberale ma, semmai, orientata alla democrazia in un’accezione che oggi chiameremmo da un lato populista e dall’altro totalitaria. Il Risorgimento italiano, al contrario, è consistito in una vasta ma contingente ribellione alla dominazione straniera e al suo duro esercizio della forza. Tuttavia, in ambito politico generale, nessun movimento o partito liberale ha mai steso un progetto sociale da perseguire con ogni mezzo, a costo di sacrificare vite umane, considerate di volta in volta come infedeli o come nemici del popolo, oppure demolendo intere etnie o classi sociali.

In fondo, la contrapposizione più istruttiva si ritrova in alcuni classici: prima dell’infausta idea dell’“odio di classe” di Karl Marx, Adam Smith aveva indicato nella naturale “simpatia” fra gli esseri umani le radici antropologiche dell’etica e, dunque, del rispetto della libertà e della diversità degli uomini. Oggi, il vecchio ma evidentemente robusto aggettivo “liberale” è tornato sulla bocca di tutti. E non c’è alcuna ragione per cambiarlo.

Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 14:23