L’Europa politica,   poi tutto il resto

Le scorciatoie, come le bugie, hanno le gambe corte. Quanto è durato il “buonismo” recitato da Angela Merkel con gli immigrati? Non abbiamo fatto in tempo a vedere gli idioti festeggiare l’apertura della Germania agli immigrati che se l’era già rimangiata. Oggi le frontiere sono chiuse, serrate. Schenghen o non Schenghen, il principio tedesco che è prevalso è: finchè si scherza si scherza, ma sulle cose serie, leggi l’invasione nelle case dei tedeschi di popolazioni misere ed affamate, non si scherza affatto, almeno in Germania. L’Italia è l’Italia, e crepi. E così ha fatto. Serrati i chiavistelli, chiusi i confini in maniera definitiva a migranti ed europei. Sì perché non solo non possono entrare in Germania i poveracci migranti ma nemmeno i cari belli cittadini europei privi di lavoro o giustificazione alcuna a rimanere. Tutti fuori a guardare la Germania che prospera a svantaggio degli altri Paesi europei, di fatto già colonizzati come la Grecia, o colonizzandi come si appresta a fare Merkellina con l’Italia. Una volta ci sarebbero volute almeno un po’ di guerre, oggi, è bastato l’incastro Unione europea distorta ed errata, non politica, e gli Stati Uniti di Obama che non sanno da che parte stare, se continuare ad aiutare cioè Merkel riconoscendola il capo di ciò che credono sia l’Europa, aiutandola nei suoi giochi di potere economici e mantenendo così un’altra moneta in vita, l’euro, o dare corso alle lamentele che si levano, sempre più folte e sempre più fitte, dalle parti più disparate e che parlano di sopraffazione tedesca, economica innanzitutto, e sostanziale deficit di democrazia del e nell’Unione europea. Se non si è capito quest’ultimo passaggio, “deficit di democrazia nell’Unione europea”, lo chiarisco così: chi ha stabilito che il rappresentante in capo dei tedeschi sia il capo dell’Europa unita? Nessuno. Certo è che il tassello mancante per fare come le parrà, la Germania lo ha ben chiaro ed è quella che viene chiamata l’armonizzazione dei regimi fiscali dei diversi Paesi Ue. Non perché non debba essere fatta, anzi, ma prima devono essere messe a posto alcune cose e passaggi fondamentali senza i quali non si può e deve procedere. Senza cioè l’Unione politica dell’Europa, che ovviamente la Germania non vuole, non si andrà nel senso corretto e si continuerà nella situazione errata attuale, vale a dire che ci dovremo abituare, uno per volta, a Grexit, Italix, Irlandix, Spagnix e così via e cominceremo ad avvertire un’altra lingua parlata sui nostri territori, precisamente il tedesco, perché saranno i nuovi “proprietari” padroni dei vari Paesi. Non si tratterà di integrazione ma di colonizzazione, che vuole dire che saremo annessi, nessuna invasione ma certa annessione, di sicuro non integrati. Cosa volevano per noi i Padri fondatori dell’Europa unita? Non questa Europa. E non l’Europa tedesca. Si pensava al contrario ad una sorta di Stati Uniti d’Europa, ad una Unione politica democratica, economicamente integrata nel benessere. Cittadini europei autentici, non servi tedeschi europei. Dunque quando Renzi mai eletto in Italia firmerà come vuole Merkel l’armonizzazione dei regimi fiscali in Europa, in assenza della preventiva statuizione e creazione dell’Unione politica dell’Europa, l’Italia, il nostro Paese sarà divenuto dipendente della Germania europea o Europa tedesca e sarà del tutto inutile avere Parlamenti e governi nazionali propri perché ogni decisione sarà presa ai tavoli, non di Strasburgo, né di Bruxelles, ma di Berlino. Il Furer, ai suoi tempi, ci avrebbe messo la firma. Detto in gergo comunitario burocratico, la cessione della sovranità fiscale per fare funzionare la sovranità monetaria europea, posto che quest’ultima è stata ceduta dagli Stati membri senza stabilire quando e come si dovesse pervenire all’ Unione politica necessaria per rendere irreversibile l’euro, sarà il momento della capitolazione dell’Europa dei padri fondatori, della idea originaria d’Europa. Il presidente della Bundesbank tedesca ha difatti riproposto e precisato i contenuti di un siffatto programma in un recente discorso durante il quale ha chiesto di sottoscrivere un accordo per la cessione della sovranità fiscale residua, che ironicamente ha chiamato “gestione in comune”. Il novello presidente della Repubblica italiano ha peraltro già concordato con il presidente della Bce Draghi e con il ministro dell’economia del governo imbroglio Renzi Padoan una strategia in attuazione dell’ accordo suddetto. Andando alla rinfusa, a casaccio, non si coglie quasi mai il segno. La cessione della sovranità fiscale in assenza della costruzione politica dell’Unione rappresenta la fine della democrazia italiana. Si ricordi qui l’articolo 11 della nostra Carta Costituzionale che dice chiaramente che l’Italia consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie a un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo. E che il Patto stipulato a Maastricht in attuazione dell’Atto unico poi ribadito a Lisbona nel 2000, all’articolo 2, punto 3, afferma che “L’Unione si adopera per lo sviluppo sostenibile dell’Europa, basato su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un’economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale, e su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell’ambiente. Essa promuove il progresso scientifico e tecnologico. L’Unione combatte l’esclusione sociale e le discriminazioni e promuove la giustizia e la protezione sociali, la parità tra donne e uomini, la solidarietà tra le generazioni e la tutela dei diritti del minore. Essa promuove la coesione economica, sociale e territoriale e la solidarietà tra gli Stati membri”. Non si sente dunque la mancanza di un’assistenza finanziaria tedesca accompagnata da vincoli che violano il dettato della Costituzione italiana, e del Trattato vigente europeo.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:25