
Cosa vogliamo? Questa nostra Italia la impostiamo facendola pendere dalla parte del mercato, oppure la lasciamo autodistruggersi nello statalismo, nel dirigismo fallimentare e nel corporativismo beceramente stipendiato dallo Stato? Scippati o meglio imbrogliati sul voto, nel senso che siamo governati allo stato da soggetti non eletti, è ulteriormente aumentata la spesa corrente che alimenta il nostro debito pubblico. È un dato di fatto che gli ultimi tre governi di sinistra impostici, quindi illegittimi, abbiano contribuito pesantemente ad ampliarla. È cresciuta la disoccupazione, soprattutto quella giovanile, perché il sistema economico italiano è massacrato dalle tasse, non produce ricchezza e non crea nuovi posti di lavoro. La nostra economia è ferma e non dà segni di potersi riprendere come dovrebbe. Con questi governi e parlamenti illegittimi l’Italia è restata come era, ed ecco perché bisogna andare a votare in fretta.
Il Paese ha bisogno di fare ciò che non è riuscito a Silvio Berlusconi dopo il 1994, e cioè ridurre drasticamente la pressione fiscale e riformare dalle fondamenta l’apparato burocratico, delegiferando e deregolamentando. Lo Stato italiano è oggi la sua stessa palla al piede, è troppo presente ad ogni livello, per le troppe tasse, per la troppa burocrazia. Abbiamo bisogno di mercato al pari della democrazia. Renzi, illegittimo, non ha palesemente alcuna capacità e neanche l’intenzione di fare alcuna riforma, che infatti non farà, essendo lui e il governo sinistrorso un fallimento. Cadrà malamente ed ogni giorno che passa nel modo peggiore possibile. “Mafia Capitale” docet.
L’Italia è rimasta ferma a cinquant’anni fa. È divisa con, da una parte, le persone di quella resistenza democratica che voleva portare il Paese in Occidente, la parte che oggi tifa e vuole il mercato, dunque niente sanzioni alla Russia per commerciare, spending review per lo Stato italiano, deburocratizzazione e drastica detassazione, laicità, competizione, concorrenza, merito e responsabilità. Dall’altra parte ci sono quelle persone che volevano portare l’Italia ad Est, tra le democrazie comuniste popolari dell’Europa centrale e orientale, quelle dominate dall’Urss, la vecchia Unione Sovietica comunista. Le prime rientrano in una sorta di resistenza democratica liberale, le altre in quella comunista filosovietica. La nostra cultura, non solo politica, è intrisa di questo sdoppiamento e impedisce tuttora al Paese di entrare nel mondo economico globale ed essenzialmente nella modernità.
Modernizzare l’Italia è oggi necessario, è una strada obbligata. Il prezzo che continuiamo a pagare tutti e che ci farà presto implodere e deflagrare è troppo alto, carissimo. È necessario uscire dal guado, meglio, dalla melma. L’Italia è un Paese che oscilla a tratti verso e nel mercato, ma purtroppo è intriso e radicato di corporativismo, di collettivismo e dirigismo. Le democrazie popolari dell’ex Urss, quelle del sospetto da socialismo realizzato, vivevano così, con la soppressione della democrazia e un panstatalismo capace di imporre una serie infinita di ostacoli burocratici, lentezze amministrative in luogo dell’esaltazione della capacità e del dinamismo della persona, della sua responsabilità verso se stessa e gli altri, che imponeva l’appiattimento degli individui e delle loro vite nello Stato; uno Stato capace unicamente di imporre ed opporre ostacoli a chiunque avesse voluto darsi da fare.
La popolazione italiana di oggi, mutatis mutandis, è parimenti inebetita dallo statalismo privo di responsabilità e incattivita dalla impossibilità di dimostrare cosa e quanto valga, che aspetta dallo Stato ciò che essa deve fare da sola, ma che non fa perchè sconosce la capacità di industriarsi e di risolvere autonomamente quanto responsabilmente, i problemi che aspetta sia la Pubblica amministrazione a risolverle. Reindustrializzare, ridare agli italiani il gusto del lavoro indipendente ed autonomo, insieme al piacere e al dovere di esserne responsabili, progettare e traghettare il Paese in un periodo pari ai futuri dieci/quindici anni verso un nuovo benessere, facendolo crescere, garantendogli prosperità. Travasare il pubblico nel privato, decentrare. Tornare ad essere felici. Tutto questo può essere fatto solo da rappresentanti eletti che hanno chiaro quanto il sistema italiano attuale, marcio e corrotto, debba essere trasformato e in quale direzione debba andare. C’è da lavorare molto. Buon lavoro a tutti.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:36