Facciamo che l’Europa si riprenda nella giusta direzione

Winston Churchill, nel 1946, a chiusura della Conferenza all’università di Zurigo, disse, invocando la creazione degli Stati Uniti d’Europa: “Facciamo che l’Europa si riprenda” (“Let Europe arise”). Nel 1990 il primo ministro inglese, Margaret Thatcher, rispondeva al programma di Jacques Delors con tre “no” sull’Europa. Oggi, cosa vogliamo fare?

La Cina sta investendo in infrastrutture coinvolgendo e aggregando forze economiche euroasiatiche e la Russia in particolare, grazie alla globalizzazione. L’Europa, oltre ad essersi fatta male da sola con la politica errata dell’austerità della Cancelliera Angela Merkel, è già in grave ritardo sulla creazione della sua unità politica e giuridica, e in generale con ogni nuova idea propositiva, probabile causa del progressivo sfaldamento. Ci sono alcuni momenti storici e congiunture in cui se non si va avanti, crolla tutto indietro, questo è da tempo il momento di andare avanti col progetto politico europeo, saltato il quale c’è l’arretramento nel disfacimento dell’Unione che c’è.

La Gran Bretagna sta per convocare un referendum sull’Europa, per far decidere cioè ai cittadini se abbandonare o no l’Unione, così come promesso da David Cameron, leader vincitore alle elezioni; al contempo si sta affrancando dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo in modo da eliminare ogni esecutività alle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo, e ripristinare così in toto la sovranità britannica. A cascata, essendo la Convenzione parte del diritto inglese, si avrebbe la richiesta della Scozia di separarsi dal Regno Unito con effetti devastanti per tutta l’Europa. È questo che si vuole? Questa Europa inetta non è minacciata oggi solo dalla Grecia di Tsipras, che si pensava peraltro avrebbe fatto tutt’altro rispetto a quello che ha fatto e sta facendo, e cioè si auspicava che avrebbe richiesto a nome di tutti la ricontrattazione delle basi dell’intera Unione, dato che quelle esistenti di politica economica hanno condotto alla disuguaglianza, alla disoccupazione e alla miseria; questa Europa è minacciata dall’intero continente europeo, a cominciare dal Regno Unito. Ciò che il Regno Unito di Cameron segnala oggi non è neanche più la crisi economica di questa Europa di matrice tedesca, ma una crisi a più ampio raggio, ovvero politica e di civiltà, che ne mette in discussione le fondamenta quali la difesa dei diritti umani, i principi di giustizia e la democrazia.

Sul fronte immigrazione clandestina, la maggior parte degli Stati dell’Unione europea sta dicendo “no” alle quote per gli immigrati, precisamente Ungheria, Francia e i Paesi Baltici sono in rivolta contro il piano immigrazione e il piano Ue per far fronte all’emergenza degli sbarchi si sta schiantando sul muro. La Francia ha detto un chiaro “no” alle quote obbligatorie degli immigrati e il fronte del “no” si è subito allargato fino a comprendere l’Ungheria, la Repubblica Ceca, la Slovacchia, i Paesi Baltici, la Polonia e il Regno Unito.

Oggi si dovrebbe fare ciò che Churchill ha auspicato allora: Let Europe arise, facciamo che l’Europa si riprenda, facciamo che riparta con gli Stati Uniti politici d’Europa, cioè facciamo che questa Europa riparta ed esista nella giusta direzione, contrattiamo gli Stati Uniti d’Europa, la nuova base politica atta a mettere ordine ad una struttura tutta da riordinare, a cominciare dalla gestibilità della moneta comune, e faccia esistere politicamente, economicamente e socialmente il blocco europeo nel mondo.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:31