
Ha ragione Ernesto Galli della Loggia: l’identità cristiana non esiste più. Per ottenere la patente di bravi democratici occorrono altre etichette da appiccicarsi al petto. Quelle cosmopolite sono le più trendy. Altro che radici, storia, sangue, stirpe: vecchi arnesi che non fanno più audience. Dalla pagina del suo “Huffpost” Lucia Annunziata si interroga sul silenzio della sinistra in merito alle stragi continue di cristiani.
Che domanda oziosa! Perché meravigliarsi delle bocce cucite a sinistra? In fondo non era tutto scritto nei piani del Pci? Azzerare le differenze e diluire l’idea di popolo in una melassa melting pot. E la Chiesa, come risponde? La grande madre del cattolicesimo ha perso di credibilità perché ha difeso gli altri molto più di quanto abbia badato a proteggere i suoi. E le parole di sdegno e d’accusa pronunciate dal Pontefice nelle ultime ore giungono drammaticamente tardive. Ma non c’è solo questo nel rimbombo distonico della voce del pastore sul suo gregge. C’è molto altro. C’è l’irrimediabile scollamento tra i principi declamati e i comportamenti tenuti dalle gerarchie ecclesiastiche.
Di là dai soliti scandali. A fare la differenza ci sono le miserie quotidiane che colpiscono i sacri palazzi ridotti a luoghi d’esercizio di un potere che non ha niente di spirituale. E di giusto. Proprio in questi giorni, ad esempio, a Napoli si sta consumando l’ennesima storia di malaffare, nel silenzio dei media di regime. Riguarda un’antica istituzione di carità legata alla Chiesa e alla storia della città: l’Augustissima Arciconfraternita della SS. Trinità dei Pellegrini. Fondata nel 1578 da sei artigiani, in origine doveva assistere i pellegrini in visita ai luoghi sacri. Nel tempo l’Arciconfraternita si è trasformata in un’istituzione caritatevole destinata a curare i bisognosi. Ad essa è appartenuto l’omonimo ospedale che da secoli vive dove batte il cuore della napoletanità.
Quando nel 1971, lo Stato acquisì le strutture sanitarie degli enti di beneficenza, l’Arciconfraternita cedette due ospedali e un convalescenziario perfettamente funzionanti. Per l’assolvimento degli scopi assistenziali, l’ente ha ricevuto cospicue donazioni da privati fiduciosi nella giusta beneficenza praticata dalla confraternita. Ancora oggi essa ha all’attivo patrimoniale oltre 1100 proprietà immobiliari che producono reddito. Nel 2009, l’arcivescovo metropolita Crescenzio Sepe ha commissariato l’antica confraternita infrangendo un’autonomia resistita nei secoli. Quando i confratelli lasciarono le chiavi al commissario vescovile, nei forzieri c’erano almeno 2milioni di euro.
Dopo sei anni, con la fine del commissariamento e il ritorno del governo della Confraternita ai suoi organi istituzionali, non soltanto i 2milioni non c’erano più ma il bilancio evidenziava un disavanzo di 6milioni di euro e debiti per altri 3. Numeri da bancarotta. Lo scorso 29 marzo l'assemblea dei confratelli, presieduta dal legale rappresentante della Pia Opera, si è rifiutata di votare il bilancio denunciando la dissipazione di un patrimonio ben amministrato fino all’arrivo del cardinale Sepe. Circa la sorte dei milioni volatilizzati non si sa molto.
C’è chi parla di finanziamenti dati per opere “estemporanee” volute dalla Curia napoletana: pubblicazioni di libri e sponsorizzazioni discografiche. Per il resto tanti dubbi. Non crediamo, come il gesuita palermitano Ennio Pintacuda, che il sospetto sia l’anticamera della verità, tuttavia ci piacerebbe che una voce autorevole spiegasse ai napoletani, e all’ecumene cristiana, per quali misteriosi sentieri si sia incamminata quella montagna di soldi. Poco interessa il profilo giudiziario, posto che ve ne sia uno. Importa osservare che se scompare il messaggio resta solo il frastuono dei 30 denari intascati a prezzo di un tradimento. Da laici, parafrasando Benedetto Croce, non possiamo non dirci delusi.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:37