
Domenica 22 febbraio ho avuto la terribile sventura di perdere mia madre. Volevo interrompere per qualche giorno le mie modeste pubblicazioni, ma so che lei –la quale teneva tanto alla mia attività editoriale- non avrebbe approvato.
Per questo, oggi, vorrei scrivere col permesso del Direttore un breve ricordo di una delle tante umili e oscure persone che, attraversando la dura stagione di una guerra mondiale –era nata nel 1935- sono state le silenziose protagoniste della ricostruzione e, successivamente, del cosiddetto boom economico.
Mia madre, al pari di tanti altri individui della sua generazione, ha sempre rappresentato per me una sorta di memoria storica collettiva, in grado di trasmettere –pur non avendo potuto godere di una approfondita istruzione- i valori e il senso profondo di ciò che l’Italia montanara (la sua famiglia viveva sugli appennini che uniscono il Lazio, l’Umbria e l’Abruzzo) e contadina ha incarnato nella evoluzione sociale ed economica di questo Paese. Mia madre, pur nella dura semplicità in cui è vissuta (cominciò a lavorare a 12 anni come donna di servizio in una grande città), mi ha trasmesso attraverso l’esempio e l’educazione due fondamentali elementi che oggi, all’interno di una politica dominata dai signorini viziati della società del benessere, sembrano appartenere ad un mondo perduto: il senso del sacrificio e il senso della responsabilità individuale.
Mia madre non era in grado di esprimere grandi e forbiti discorsi. Tuttavia essa riusciva, con la semplicità tipica della collettività rurale di una volta, a comprendere i tanti lati insensati di una società che nel corso dei decenni stava sempre più smarrendo i suoi più genuini riferimenti etici e culturali. Mia madre, per concludere, nulla sapeva dei più celebrati pensatori del liberalismo, tuttavia la matrice liberale che vive in me da sempre proviene dal suo piccolo mondo antico. Addio Mamma!
Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 15:25